Una delle principali difficoltà che incontrano le aziende che vogliono fare il ‘salto’ digitale è il reperimento di professionalità It adeguate perché, complice anche l’accelerazione impresa alla digitalizzazione dalla pandemia, i profili specializzati sul mercato del lavoro scarseggiano e quelli che ci sono, sono contesi. “Il problema più importante -spiega ad Adnkronos/Labitalia Nelly Bonfiglio, Chief Commercial Officer di Codemotion, piattaforma che supporta gli sviluppatori mettendo in relazione tra loro professionisti It, community tech e aziende- è che in Europa ci sono 5,7 mln di developer di professionisti It che possono supportare le aziende nella digitalizzazione, ma di questo totale solo il 13% è alla ricerca attiva di lavoro. E questo va rapportato al fatto che in Europa ci sono più di 1 mln di tech-vacancies, posti di lavoro vacanti nel settore tech, perché le aziende oggi sono costrette ad affrontare la digitalizzazione con la pandemia che ha anche accelerato i processi. C’è insomma un grande gap tra domanda e offerta di professioni It”. La seconda criticità nel reperimento dei profili indispensabili allo sviluppo digitale è che le aziende “per mettersi in contatto con questi profili hanno bisogno di parlare la loro stessa lingua -osserva Bonfiglio-, e quindi la grande sfida e la grande difficoltà che oggi riscontriamo è quella di ripensare totalmente il processo di hiring (assunzioni ndr) e di selezione dei professionisti”.
Aziende devono essere attrattive verso professionisti It
“Anche in questo caso -afferma l’esperta- non si può pensare a riproporre un processo tradizionale di reclutamento delle risorse umane, ma occorre pensare a un livello un po’ più allargato: se le aziende vogliono essere attrattive verso i developer devono essere attrattive per loro, devono diventare il posto migliore dove i developer vogliono andare a lavorare e restare. Dobbiamo capovolgere la clessidra, insomma. Non più l’azienda che cerca il developer, ma il developer che cerca l’azienda migliore dove lavorare. Non a casa una recente ricerca, ha evidenziato che per il 61% degli Hr assumere un professionista It è una sfida”. Per avere successo nel reperimento di un ottimo professionista, occorre centrare tre obiettivi, spiega Bonfiglio: “Innanzitutto occorre essere capaci di raccontare le best practices, le cose migliori tra quello che fa l’azienda. Poi bisogna sapere trasmettere la cultura e i valori aziendali, bisogna insomma fare un’azione mirata di employer branding. E infine bisogna offrire avere salari competitivi”. Tre cose fondamentali per le quali, dice Bonfiglio, “l’ufficio del personale e il dipartimento tech devono andare a braccetto”. “L’Hr deve -dettaglia la cco- deve lavorare per rendere sempre più noti la cultura e i valori aziendali, mentre il dipartimento tech può affrontare i processi di selezione in modo puntuale. Molte aziende ( anche noi lo facciamo) erogano corsi base per la digitalizzazione dei dipartimenti Hr o marketing o altro (ossia non tecnici), ma poi ci vuole questa sinergia per dialogare con chi può pensare di lasciare il suo lavoro in una certa azienda e abbracciare la sfida di un’altra azienda che sta cercando il professionista It. Per questo sempre più nascono Tech Hr recruiter che si occupano proprio della selezione e del supporto ai dipartimenti tecnici dell’assunzione di figure It”.
Pmi non sono le più svantaggiate
Contrariamente a quanto si può pensare, nel processo di digitalizzazione le pmi “non sono le più svantaggiate, anzi -racconta Bonfiglio-: le piccole aziende sono molto più aperte nel cercare le risorse all’esterno. Inoltre continuano a nascere molte start up e scale up e anche in questo caso notiamo movimenti virtuosi: queste nuove realtà hanno un occhio più fresco e sono più flessibili nel farsi guidare”. Sicuramente questa sfida anche sul reperire le figure digitali giuste ha portato un primo cambiamento: “Se prima del 2020, con la crisi, i primi budget a essere tagliati erano quelli della comunicazione, ora le aziende invece stanno capendo che di questa attività hanno molto bisogno per stare sul mercato”, dice la manager. “Infrastrutture e competenze. Questi sono gli asset fondamentali per lo sviluppo delle digitalizzazione e se noi guardiamo a come stanno ora le cose in Italia, attraverso le aziende con cui collaboriamo, possiamo dire che il mondo manifatturiero è più avanti, e anche il mondo dei servizi sta facendo dei grandi passi in avanti per cercare di trasformate tutta l’offerta in online. Poi c’è la sfida della Pa, in tutti i tanti settori di cui si occupa: basti pensare che solo l’1% della superficie nazionale viene curata con tecnologie smart. Insomma, c’è molto da fare” aggiunge Bonfiglio, oltre 10 anni di esperienza nel mondo dei servizi Tech e Digital in importanti scale up e multinazionali, con un background di due grandi storie di successo (ha supportato la trasformazione e la crescita di Easy Welfare, e ha guidato il piano di rilancio della country italiana di Groupon), accompagnate da un Executive Mba conseguito a pieni voti al Mip – Politecnico di Milano nel 2019.
Colmare il gap di competenze digitali dell’Italia
“Noi ci occupiamo delle competenze e qui l’obiettivo principale è quello di colmare il gap di competenze digitali dell’Italia”, dice la Cco di Codemotion, piattaforma che supporta gli sviluppatori mettendo in relazione tra loro professionisti It, che è anche la più grande tech-community europea con 200.000 professionisti del settore. Fondata nel 2013 da Chiara Russo e Mara Marzocchi, Codemotion oggi è una scale-up con più di 50 dipendenti in 4 Paesi (Italia, Spagna, Olanda e Germania) che lavora a fianco delle aziende per aiutarle nella trasformazione digitale. “La pandemia ci ha costretto ad andare più veloci verso la digitalizzazione e le aziende devono ‘pensare in digitale’. Quindi non c’è soltanto il tema di digitalizzare l’offerta e prevedere che oggi vendo dei servizi o prodotti online anziché con un negozio. Non basta un sito o un team tecnico a portare l’azienda a pensare in digitale. ma è tutta una trasformazione un po’ generale della cultura e dei valori. Per questo bisogna fare in modo che tutti i dipartimenti aziendali abbiamo un set minimo di competenze digitali con cui poter affrontare il cambiamento, L’altro tema – molto più hard- è proprio quello di digitalizzare il core business di ogni singola azienda”, conclude Bonfiglio. (di Mariangela Pani)