Il messaggio è quello di non “compiere ciò che è scritto”, un invito all’emancipazione dalla “schiavitù mentale”: un inno alla libertà, non soltanto fisica, come quella cantata in tanti suoi testi, ma questa volta soprattutto spirituale. ‘Redemption song’ è una delle migliori creazioni di Bon Marley, di cui domani ricorrono i 40 anni dalla morte, scritta durante la sua malattia, mentre combatteva contro il cancro che l’11 maggio del 1981 lo avrebbe ucciso.
A distanza di quattro decenni, il messaggio di amore e uguaglianza dell’artista giamaicano è ancora presente, così come, da ‘No Women No Cry’ a ‘Jammin’’ e ‘Africa Unite’, sono ancora attuali le sue canzoni. Robert Nesta Marley, in arte Bob, non è stato soltanto il re della musica reggae, ma anche un attivista e leader politico e religioso che ha contribuito a diffondere la musica e la cultura giamaicana in tutto il mondo.
Seguace già da adolescente del Rastafarianesimo, nelle sue canzoni mise sempre al centro i temi dell’oppressione razzista, fin dagli esordi e soprattutto quando incominciò a suonare nel 1964 con i Wailers. Per raggiungere questo obiettivo e la libertà, secondo Marley, era necessaria l’unificazione dei popoli di colore.
Nel 1975 la fama mondiale di “No Woman, No Cry”, dall’album Natty Dread. Questo fu seguito dal successo dell’anno dopo, ‘Rastaman Vibration’, che rimase per ben quattro settimane nella top 100 della Billboard Hot 100 negli Stati Uniti. Nel corso della sua carriera, il cantautore e chitarrista ha inciso 17 album.
Bob Marley verrà celebrato nella prossima stagione 2021-2022 dalla squadra dell’Ajax, di cui una delle maglie ufficiali è dedicata al re del reggae con i suoi colori rosso, giallo e verde su sfondo nero.