(Adnkronos) – “In Italia 7 milioni di persone, in pratica più del 10% dell’intera popolazione, hanno problemi di udito. L’incidenza dell’ipoacusia aumenta con l’avanzare dell’età: uno su 3 ha più di 65 anni. Ma si stima che siano molti di più perché in troppi non arrivano ad una diagnosi. Tuttavia, intervenendo presto si possono ottenere buoni risultati protesici. Purtroppo in questo l’Italia è fanalino di coda tra i Paesi europei, perché c’è ancora poca fiducia nel trattamento protesico. Tra chi è affetto da ipoacusia è ancora difficile accettare la protesi, perché mettere la protesi significa ammettere di soffrire di sordità. In molti non sono ancora disposti a fare i conti con questa disabilità”. Così all’Adnkronos Salute Stefano Berrettini, presidente della Società italiana di audiologia e foniatria (Siaf) e direttore Uo otorinolaringoiatria audiologia e foniatria dell’azienda ospedaliera universitaria di Pisa, a margine del 108° Congresso nazionale della Società italiana di otorinolaringoiatria e chirurgia cervico-facciale, in corso a Roma fino a sabato 28 maggio.
“Il congresso – spiega – è stata un’occasione per affrontare tutte le branche dell’audiologia, con approfondimenti in campo infantile nella diagnosi e nello screening uditivo neonatale che in Italia è obbligatorio e riconosciuto dai Lea. Abbiamo affrontato la questione dello screening al fine di migliorarlo, perfezionarlo e abbiamo discusso su come arrivare dallo screening alla diagnosi e al trattamento. Una questione molto importante dal punto di vista sociale. Inoltre, ci siamo addentrati nei trattamenti delle sordità, sia nelle forme lievi e in quelle più gravi e profonde, tra cui quelle che colpiscono i bambini, attraverso le soluzioni protesiche, in particolare l’impianto cocleare”.
I problemi dell’udito sono “più frequenti nell’infanzia e alla nascita – sottolinea Berrettini – Basti pensare alle sordità congenite: un bambino su mille nasce sordo e 0,6-0,8 con una sordità profonda. Fortunatamente oggi per questi bambini c’è la soluzione, ed è l’impianto cocleare con il quale raggiungono l’autonomia comunicativa e di linguaggio quasi uguale o uguale ai coetanei che non hanno problemi di udito”.
Fondamentale la diagnosi tempestiva “attraverso lo screening e il trattamento precoce protesico – avverte l’esperto – Noi facciamo l’identificazione alla nascita, la diagnosi entro 2-3 mesi di vita, il trattamento con protesi entro i 4 mesi ed eventualmente l’impianto cocleare dai 10 mesi di vita in poi. Questo modo di procedere riduce la privazione uditiva del bambino e migliora nettamente i risultati”.
Lo screening uditivo neonatale viene eseguito nelle neonatologie e nei punti nascita, “non solo su bambini a rischio – conclude Berrettini – ma su tutti i bambini. E’ infatti un esame universale. Con il passare degli anni, però, ai primi campanelli di allarme (il bambino sente meno le parole, ha difficoltà nel comprendere la comunicazione tra più persone in un ambiente rumoroso e per questo tende ad isolarsi) occorre subito intervenire. Stessa cosa vale per l’anziano: intervenendo presto si possono ottenere buoni risultati protesici”.