(Adnkronos) – Approvato oggi “a norma di legge e di statuto all’unanimità il rendiconto del 2022” di Forza Italia nel Comitato di Presidenza e ratificate anche “le recenti nomine effettuate dal presidente Silvio Berlusconi e quelle riguardanti i coordinamenti provinciali e delle grandi città” del partito.
Ma i conti ‘azzurri’ restano in sofferenza. Se a salvare le casse di Forza Italia è stato ancora una volta Silvio Berlusconi, ora che è scomparso si fa serio e attuale il problema di chi le gestirà. Fino a ieri era il Cavaliere a garantire la sopravvivenza della sua creatura politica attraverso un contributo ‘monstre’ di circa 100 milioni di euro, soprattutto sotto forma di fidejussioni personali, ora spetterà alla famiglia sobbarcarsi questo ‘peso’.
L’ultimo bilancio forzista, relativo al 2022 e approvato oggi dal Comitato di presidenza, riunitosi all’ora di pranzo nella sede nazionale di via in Lucina, apprende l’Adnkronos, conferma i conti in passivo e il Cavaliere come principale creditore del partito per una somma inferiore ma pur sempre consistente, di oltre 90 milioni di euro. Con la morte del padre, i cinque figli hanno ereditato il maxi debito diventando loro automaticamente creditori e di fatto i proprietari di Fi.
“Se prima avevamo un solo creditore, il presidente Berlusconi appunto, ora ne avremo 4 o più, ma per la stessa cifra in totale”, fa notare un big forzista che segue da vicino il dossier conti. Di certo nell’ultimo anno, di pari passo con l’aggravarsi delle condizioni di salute del leader azzurro, è aumentato l’apporto finanziario dell’azienda (Fininvest in testa) e dei figli dell’ex premier, insieme al fratello Paolo: plastica rappresentazione di quanto sia cresciuta l’influenza della famiglia sul partito, a cominciare proprio dalla gestione delle casse.
Raccontano che, pur restando il segno negativo per lo stato patrimoniale, stavolta il rendiconto presenterebbe un avanzo di oltre 1 milione di euro rispetto al passato. Chi ha avuto modo di leggere le carte spiega che emerge un quadro di cosidetta ‘economia di guerra’ con tagli e risparmi, che incide sugli spazi fisici di Fi, a cominciare dalle varie sedi, e sul numero del personale dipendente.
“Una volta il partito era formato da 70-80 dipendenti, ora ne ha solo 12, abbiamo ridotto spazi, affitti, stipendi”, ha rivelato ieri all’Adnkronos il tesoriere Alfredo Messina, alle prese con un altro nodo, rimasto irrisolto, quello dei morosi, ovvero di tutti quei deputati, senatori e consiglieri regionali, che non pagano regolarmente le quote dovute (900 euro al mese). Una gatta da pelare in più, che ha comportato un ‘buco di cassa’ di almeno 2 milioni di euro. Ammanco che sarebbe confermato dall’ultimo bilancio. Il quadro degli ‘inadempienti’, dunque, resta stazionario, di fatto invariato, assicurano qualificate fonti azzurre: sostanzialmente un parlamentare su tre continua a non pagare gli arretrati. A complicare le cose il flop del 2xmille: la raccolta non riesce a decollare per Fi, forse, riferiscono, per scarsa pubblicità.