(Adnkronos) – Un’antica amicizia, nata quando Marcello Pera, oggi senatore di Fratelli d’Italia, era presidente del Senato e Joseph Ratzinger non era ancora Papa. Pera, in una intervista al Corriere della Sera, ricorda come nacque: “Era il 2004, lui era prefetto della Congregazione per la dottrina della fede. Avevo letto parecchio delle sue opere negli anni precedenti. Andai a trovarlo una prima volta e da lì iniziò una serie di incontri non fissi, ma molto frequenti”. Con il Papa emerito, il senatore aveva anche scritto un libro a quattro mani, ‘Senza radici’.
L’idea “venne a lui – ricorda -. Aveva letto la lezione magistrale che avevo tenuto alla Pontificia università lateranense, io il suo intervento alla conferenza sull’Europa alla quale lo aveva invitato nella sala del Capitolo in Senato. Obiettai che quei due testi messi insieme arrivavano a malapena a 40 pagine dattiloscritte. Allora decidemmo di passare l’estate a scrive due commenti: lui al mio testo e io al suo. A quel punto il libro c’era tutto”. La tesi di fondo di quel libro era che l’Europa si vergognasse delle sue radici cristiane, e “rispetto a quel periodo la situazione non è migliorata anzi è peggiorata. L’Europa sta professando e imponendo una cultura che è fortemente anticristiana con i suoi intellettuali, con i suoi mezzi di comunicazione, con i suoi politici. La crisi è più profonda di allora”.
Per Pera, Ratzinger è riuscito a risvegliare la ‘bella narcotizzata’, l’Europa. Il Papa emerito, premette, “è stato impressionante. Lo è stato come uomo per l’umiltà che solo i Grandi hanno. Lo è stato come teologo e anche come pastore perché quello che hai influito di più sulla coscienza dei laici. Tutti i sono sentiti in dovere di interloquire con lui e tanto lui ha influito che alcuni si sono sentiti in difficoltà nel replicargli. Ricordo un imbarazzatissimo Sarkozy, presidente laico della laica Francia, dire a Roma che la Francia era cristiana”.
“In ogni caso – rimarca l’ex presidente del Senato -, Benedetto aveva risvegliato una coscienza europea, ma era consapevole che il processo potesse svilupparsi soltanto con un appello, uso le sue parole, alle minoranze creative nel senso che l’Europa si sarebbe salvata solo se alcuni gruppi sparsi qua e là, all’inizio in catacombe cenacoli, avesse ripreso la fede cristiana come fondamento”.
Ratzinger ha fatto “moltissimo, è stato l’unico primo vero difensore della civiltà europea alcuni risultati si sono visti e spero che altri si vedano dopo la sua morte”. A che gli domanda se Papa Francesco sia nel solco di questa difesa della civiltà europea, il senatore del partito meloniano risponde: “C’è una differenza tra i due pontefici che non si può nascondere come invece si sta facendo in questi giorni. Benedetto considerava l’Europa come patria di elezione del cristianesimo, Francesco viene da un altro mondo non credo che abbia per l’Europa gli stessi interessi, la stessa attenzione se non per i motivi contingenti come la guerra”.
L’ex presidente del Senato ricorda come all’annuncio delle dimissioni, avesse detto a Ratzinger “io accetto ma non ho compreso, e lui rispose con il silenzio. Il mio timore era legato alle possibili conseguenze del gesto, e cioè che dopo di lui potrebbe dare le dimissioni un altro pontefice, con il risultato di trasformare il capo della Chiesa dal successore di Pietro al semplice vertice della gerarchia”. Un rischio vicino, dato che “lo stesso Francesco ha fatto riferimento a quest’ipotesi, ma cambierebbe poco se a farlo fosse uno dei suoi successori”. “Ho paura che quello per la Chiesa sarebbe un punto di non ritorno. Mi auguro non succeda mai”.