(Adnkronos) – “Prima della pandemia, 3-4 anni fa, AstraZeneca ha pensato all’innovazione” a partire dai “dati come motore di crescita e sviluppo della farmaceutica”, per andare “oltre al farmaco e fornire soluzioni per una migliore gestione della vita dei pazienti, con piattaforme di medicina”, come quella per lo “scompenso cardiaco”. Lo ha detto Vincenzo Bartoli, Vice President Innovation di AstraZeneca, all’evento ‘Collaborare per competere: il modello Federated innovation @Mind per lo sviluppo del Sistema Paese’, organizzato a Roma dalla rete di circa 40 imprese sorta nel distretto di Mind (Milano innovation district) per creare progetti d’innovazione che, solo nel primo anno di attività, hanno già avviato oltre 100 iniziative afferenti alle due macro-aree: ‘Futuro della salute’ e ’Città del futuro’.
“Eravamo in cerca di un nuova sede e, per una serie di coincidenze – continua Bartoli – abbiamo deciso di entrare in questo contesto, non solo per portare un servizio con i farmaci, ma per diventare un player di un nuovo modello di cura che è fatto di dati, soluzioni digitali e un utilizzo migliore dei farmaci. Siamo quindi entrati tra i primi, anche come sede (headquarter) in Mind e, poco dopo, in Federated innovation”.
Il valore di questo parco tecnologico “rispetto ad altri ambiti di aggregazioni – sottolinea Bartoli – è il capitale umano messo a disposizione dalle varie aziende che hanno creato agende su tematiche per una open innovation che si contamina su una piattaforma programmatica con una strategia di sviluppo che esce da canoni. Grazie alla Federated innovation – continua – abbiamo sviluppato un software, nell’ambito dello scompenso cardiaco, area in cui siamo presenti. Con il policlinico Gemelli di Roma abbiamo ragionato, non sull’acquisto, ma sullo sviluppo dei vari pezzi del progetto, non abbiamo pensato a comprarli, ma a come metterli a disposizione del paziente. Abbiamo reso fattibili progetti che, altrimenti, sarebbero restati sulla carta”.
Ma c’è di più. “Grazie alla Federated innovation” non solo “abbiamo attivato questa piattaforma, ma con l’Università di Milano – aggiunge Bartoli – abbiamo ottenuto lo spazio dedicato per una sperimentazione nel quale noi mettiamo risorse e competenze e l’università ne mette altre per sviluppare un pezzo nuovo di gestione del paziente con scompenso, perchè diventi utilizzabile nella pratica clinica. Sarebbe stato impossibile, distante da questo ecosistema di innovazione”.
In questo contesto si inserisce anche il progetto del ‘digital twin’, il gemello digitale di cui ha parlato Sergio Papa, direttore Ricerca e Innovazione Centro Diagnostico Italiano, Gruppo Bracco. Si tratta di “un gemello digitale di ciascuno – spiega Papa – con la genetica, la genomica, con i dati clinici di tutta una vita: un lavoro monumentale, per fare davvero medicina predittiva” e anticipare le malattie. “Abbiamo quindi partner internamente ed esternamente in una circolarità utile a sviluppare il progetto in molti campi”, conclude.