“Il recupero dei patrimoni illecitamente accumulati è uno strumento fondamentale nella lotta alla mafia”. A dirlo, durante i lavori della trentesima Sessione della Commissione delle Nazioni Unite per la Prevenzione della Criminalità e la Giustizia Penale, che si è tenuta a Vienna, è stato il Consigliere giuridico della Rappresentanza d’Italia presso l’Onu, Antonio Balsamo. Nella sua relazione si è evidenziato che questa “strategia sta divenendo sempre più un autentico modello riconosciuto a livello internazionale”, “e risponde alle attese di moltissimi paesi che vogliono trasformare il recupero dei patrimoni illecitamente accumulati in uno strumento di sviluppo economico, ed è considerata come uno strumento fondamentale di coinvolgimento della società civile nella lotta alla mafia e nella costruzione di una cultura della legalità tra i giovani”. Al riguardo, si è fatto riferimento ai progetti realizzati da tre espressioni “di particolare importanza della società civile italiana, come la Fondazione Falcone, Libera e il Centro Pio La Torre”. La Sessione della Commissione delle Nazioni Unite per la Prevenzione della Criminalità e la Giustizia Penale, che è il principale organo di elaborazione delle politiche Onu in materia di diritto penale, si è tenuta dal 17 maggio ed è terminata ieri.
I lavori della Commissione, sotto la presidenza del Rappresentante Permanente di Italia presso le Organizzazioni Internazionali, Ambasciatore Alessandro Cortese, si sono svolti “nel segno del pensiero di Giovanni Falcone, che guidò la delegazione italiana in occasione della Prima Sessione, che si svolse a Vienna dal 21 aprile 1992, esattamente un mese prima della strage di Capaci.
In questo evento, che è stato introdotto dal Minister of State per l’Interno del Regno Unito e dal Direttore Esecutivo di Unodc, “una grande attenzione” è stata dedicata alla strategia italiana di valorizzazione dei beni confiscati, che è stata illustrata proprio da Antonio Balsamo, il giudice estensore dell’ultimo processo sulla strage di via D’Amelio definendola, nelle motivazione della sentenza, “uno dei più gravi depistaggi della storia giudiziaria italiana”.
In apertura dei lavori, la Ministra della Giustizia Marta Cartabia ha sottolineato lo “speciale significato del 30° anniversario della Commissione, che riporta alla memoria il lavoro di Giovanni Falcone, la cui visione innovativa aprì la strada all’elaborazione della Convenzione di Palermo. Ha quindi evidenziato come il “metodo Falcone” abbia lanciato una nuova prospettiva nella lotta alla criminalità organizzata, passando da una visione individualistica e repressiva ad una profonda analisi strutturale di tale fenomeno”. “All’impegno nel contrasto della dimensione economica della criminalità si sono così accompagnati il rafforzamento della cooperazione giudiziaria internazionale, l’utilizzazione degli strumenti tecnologici più avanzati, il pieno rispetto dei diritti umani e dello Stato di diritto. La conclusione dell’intervento della Ministra è stata incentrata sulla necessità di non dimenticare il profondo messaggio di Giovanni Falcone, secondo cui nella lotta alla mafia e delle altre forme di criminalità organizzata lo strumento più efficace consiste nel risveglio delle coscienze e nella diffusione della cultura della legalità: praticare la giustizia significa sforzarsi di rimuovere le cause del crimine, e non soltanto i suoi frutti”.
L’impronta del pensiero di Giovanni Falcone “è visibilissima in due momenti importanti dei lavori della Commissione”, dice Antonio Balsamo. Il primo è l’evento sul tema “sviluppare e attuare strategie complete per prevenire e combattere la criminalità organizzata”, che si è svolto nel primo giorno dei lavori ed è stato organizzato dall’Inghilterra e dall’Unodc (Ufficio delle Nazioni Unite contro la droga e la criminalità). Il secondo è la risoluzione presentata da Italia e U.S.A. sul rafforzamento della cooperazione internazionale rispetto al traffico illegale di migranti. La risoluzione, sponsorizzata da numerosi paesi assai diversi tra loro (dal Messico al Canada e alla Finlandia), è stata approvata all’unanimità.
Questa risoluzione – alla cui elaborazione hanno contribuito per l’Italia un diplomatico (Luigi Ripamonti) e un magistrato (Antonio Balsamo) – “intende colpire con energia le organizzazioni criminali che sfruttano illegalmente il fenomeno migratorio, programmando l’adeguamento di tutte le legislazioni nazionali, la cooperazione giudiziaria e lo sviluppo di efficaci indagini finanziarie”. “Al tempo stesso, la risoluzione proposta esprime un forte impegno della comunità internazionale per rafforzare la tutela del diritto alla vita, del diritto a non essere sottoposti a tortura e trattamenti inumani e degradanti, e più in generale dei diritti umani dei migranti”.
“Non si tratta solo di proclamazioni di principio, ma di precisi impegni con concrete ricadute operative: ad esempio, viene programmata la valorizzazione e la diffusione dello strumento dei magistrati di collegamento distaccati dai Paesi di origine del fenomeno migratorio presso i Paesi di destinazione – dice Balsamo -Si proietta così sullo scenario internazionale l’importante esperienza già fatta in Italia con la presenza di una magistrata di collegamento nigeriana che ha lavorato fianco a fianco nelle indagini con i colleghi italiani, ed è stata attivamente coinvolta nella formazione dei magistrati del nostro paese, aiutandoli a porsi dalla parte delle vittime e a comprendere in profondità il loro mondo, la loro cultura, le loro esigenze di protezione”.
Viene così riaffermata l’estrema attualità delle innovazioni ideate da Giovanni Falcone; fu lui, infatti, a inventare la figura del “magistrato di collegamento”, sulla base dell’esperienza che lui stesso aveva fatto con i colleghi statunitensi .