L’influenza aviaria che sta colpendo anche gli allevamenti italiani da qualche mese continua a mietere vittime. “Ad oggi si contano 12 milioni di capi abbattuti o morti in quanto malati, tra polli, tacchini e galline ovaiole dall’inizio della epidemia, ovvero da fine ottobre”. E’ quanto stima il presidente Unaitalia Antonio Forlini nel fare un bilancio, ancora provvisorio della situazione con l’Adnkronos. l’associazione che rappresenta 90% dell’intera filiera avicunicola nazionale, un settore che in genere gode di buona salute in quanto è l’unico settore zootecnico in auto approvvigionamento producendo più di quanto si consumi sul mercato interno, ma ora sta attraversando una fase di difficoltà con una produzione ridotta. Anche se si tratta di una fase “transitoria, contiamo di tornare alla normalità entro qualche settimana, e le aziende associate, che gestiscono filiere integrate, fanno fatica a produrre tutto ciò che il mercato acquisterebbe”, spiega Forlini.
Si tratta comunque di “un danno ingente, le quantificazioni degli abbattimenti sono in atto nelle varie regioni che liquidano i danni diretti, mentre per quelli indiretti (relativi ai fermi degli allevamenti) fino al 31 dicembre 2021 verranno quantificati nelle prossime settimane e saranno oggetto di richiesta nei confronti del Mipaaf”. “Stiamo raccogliendo i dati dai nostri associati noi per le carni avicole e Assoavi per le uova”, quanto a una stima dei danni economici Forlini non si sbilancia in quanto si tratta di animali molto diversi tra loro con pesi differenti e tempi di crescita diversi”. Comunque, il problema del tacchino avrà una durata maggiore in quanto i tempi di ripristino dei capi abbattuti avranno bisogno di un tempo di 120-180 giorni dopo i primi riaccasamenti che ricominceranno a metà febbraio”.
Nelle zone gialle e verdi non si sta “riaccasando” ovvero mentre in quelle azzurre con grande cautela con un’analisi del rischio molto puntuale. Vento e Lombardia, in parte il Friuli Venezia Giulia e l’Emilia Romagna sono le regioni più colpite dai focolai di aviaria e c’è una sorta di propagazione per prossimità, quindi le zone dove c’è una rilevante densità di allevamenti sono state più colpite di altre. “A fronte di questa situazione – riferisce ancora il presidente di Unaitalia- in queste settimane ci potranno essere importazioni di pollame soprattutto da paesi della comunità europea, dalla Germania o dalla Polonia”.
A portare l’aviaria sui nostri territori, quest’anno un ceppo particolarmente aggressivo e contagioso, sono stati gli uccelli migratori come in passato, che possono contagiare alcune specie selvatiche che, a loro volta contagiano piccoli allevamenti rurali, magari all’aperto e quindi più esposti alle deiezioni degli animali in transito, e di lì gli allevamenti convenzionali. Ma va ricordato che questa influenza non è pericolosa per l’uomo e non lo contagia. Un fenomeno che ha riguardato il nord Europa dove ci sono stati moltissimi casi di uccelli contagiati. Il vaccino è stato identificato ed è in fase di sperimentazione in Francia e in Olanda e gli operatori sperano che si arrivi ad una la sperimentazione di campo in modo che il vaccino possa essere adottato come strumento preventivo per evitare ulteriori fasi epidemiche nelle prossime stagioni.
Il settore avicolo fattura 6 miliardi di euro l’anno tra polli e tacchini e arriva fino a 9 miliardi con la produzione di uva, impiega 28mila addetti diretti negli stabilimenti di trasformazione, 64 mila addetti nell’intera filiera e produce con il 108% di quanto si consuma.