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    Attacco Israele, da Kim Jong-un a Kadyrov: i ‘cattivi’ del mondo con Hamas

    (Adnkronos) –
    Dalla Russia all’Iran fino alla Corea del Nord, c’è una parte di mondo che non solidarizza con Israele, anzi attacca e accusa, dopo l’offensiva di Hamas che ha causato centinaia di morti nei kibbutz del sud. Capi di Stato, funzionari governativi, persino ideologi, uniti dal sentimento antisionista, in alcuni casi antisemita, che nemmeno lo strazio dei civili massacrati è riuscito a scalfire. 

    A guidare lo schieramento anti-israeliano è la Guida Suprema dell’Iran, l’ayatollah Ali Khamenei, che alla base del suo credo politico-religioso ha l’odio verso Israele. “Baciamo le mani di coloro che hanno pianificato l’attacco al regime sionista”, ha dichiarato Khamenei, negando tuttavia un coinvolgimento della Repubblica Islamica nell’attacco di Hamas a Israele. Secondo l’ayatollah, “quando la crudeltà e il crimine superano i limiti e l’avidità raggiunge il picco, bisogna aspettarsi la tempesta”, mentre domenica il presidente iraniano, Ebrahim Raisi, si era congratulato con il capo politico di Hamas, Ismail Haniyeh, ribadendo “il sostegno della Repubblica islamica alla resistenza ed al popolo palestinese”.  

    Anche in Russia, nonostante la posizione del Cremlino favorevole alla ricerca di una soluzione alla crisi e apparentemente equidistante, c’è chi ha esultato all’attacco del 7 ottobre, paragonato da molti osservatori all’ ’11 settembre’ israeliano. Tra questi l’ideoologo ultranazionalista russo Alexander Dugin, ritenuto vicino al presidente Vladimir Putin, che su Telegram ha pubblicato un messaggio in cui sottolinea che la Russia deve sostenere l’Iran, ritenuto il ‘mandante’ dell’operazione di Hamas.  

    “L’Iran è nostro amico, alleato e fratello ed è stato al fianco della Russia nel momento del bisogno, mentre Israele non lo è. È un vassallo degli Stati Uniti”, ha sentenziato Dugin, ricordando che “i globalisti americani, con i quali ora siamo in guerra in Ucraina, hanno pienamente sostenuto Israele. Così come l’Ucraina”. 

    Anche il leader ceceno, Ramzan Kadyrov, si è schierato con i palestinesi. “Sosteniamo la Palestina. E siamo contrari a questa guerra che, a differenza di altri conflitti, può trasformarsi in qualcosa che va oltre”, ha scritto anche lui su Telegram, offrendo addirittura il contributo delle forze cecene “per il mantenimento della pace, ristabilire l’ordine e contrastare eventuali fomentatori”. 

    Perplessità in alcune cancellerie occidentali ha suscitato poi la dura posizione del governo algerino, che in una nota ha espresso “grande preoccupazione” per gli “attacchi brutali israeliani contro la Striscia di Gaza, che sono costati la vita a decine di innocenti del popolo palestinese caduti martiri”, vittime della “persistenza dell’occupazione sionista e della politica di tirannia e persecuzione nei confronti del coraggioso popolo palestinese”. 

    Anche per il governo iracheno, l’operazione lanciata da Hamas contro Israele è il risultato della politica dello Stato ebraico nei confronti dei Territori palestinesi. “Le azioni intraprese oggi dal popolo palestinese sono il risultato prevedibile di decenni di oppressione sistematica a cui è stato sottoposto da parte delle autorità di occupazione sioniste, che ignorano costantemente il diritto internazionale e le risoluzioni delle Nazioni Unite”, ha detto il portavoce Basem al-Awadi. 

    Più sfumato il commento del presidente turco, Recep Tayyip Erdogan, da tempo strenuo difensore della causa palestinese e che ha messo in guardia Israele dal compiere un attacco “indiscriminato” nella Striscia di Gaza. “Colpire collettivamente e indiscriminatamente gli abitanti di Gaza non farebbe altro che aumentare le sofferenze e rafforzare la spirale di violenza nella regione”, ha indicato Erdogan al suo omologo israeliano, Isaac Herzog. 

    Non poteva mancare poi la reazione della Corea del Nord, uno dei Paesi ‘canaglia’ per eccellenza, per dirla con George W. Bush. I media statali nordcoreani hanno accusato Israele di aver causato uno spargimento di sangue a Gaza. Rodong Sinmun, portavoce del Partito dei Lavoratori, in un articolo ha dichiarato che “la comunità internazionale sostiene che questo scontro sia il risultato dei continui atti criminali di Israele contro il popolo palestinese e che la via d’uscita sia costruire uno Stato palestinese indipendente”.