“Risulta che, negli studi di fase III, in alcuni soggetti sottoposti a vaccinazione con Vaxzevria (AstraZeneca), siano stati osservati effetti collaterali decisamente più lievi o del tutto assenti, dopo una accidentale somministrazione di dose più basse di vaccino. In questo senso, c’è chi ha supposto che, a fronte di dosi più basse di vaccino, si attivino risposte immunologiche più contenute e, per questo, non in grado di evocare reazioni infiammatore significative dalle quali potrebbe scaturire la produzione di anticorpi anti-Fattore Piastrinico 4, a loro volta capaci di innescare la reazione trombotica”. Lo spiega all’Adnkronos Salute l’immunologo Mauro Minelli, responsabile per il Sud della Fondazione italiana di Medicina personalizzata, che avanza questa proposta per rilanciare la campagna di vaccinazione.
“Collateralmente – prosegue Minelli – il basso grado di infiammazione immuno-indotta da una dose di vaccino meno aggressiva, sembra aver contribuito a generare livelli di anticorpi immunizzanti un po’ più alti rispetto a quelli prodotti, dopo la vaccinazione AstraZeneca a dose piena. Allora, se queste sono le evidenze che potrebbero essere semmai confermate da valutazioni osservazionali più allargate, perché – propone l’immunologo – non verificarne la fattibilità sul campo facendo di necessità virtù, visto che le attuali disponibilità di vaccini potrebbero, oltre che generare meno eventi avversi, anche consentire al doppio dei cittadini di essere immunizzati?”.
Per quanto riguarda, invece, il vaccino Johnson&Johnson, dice l’immunologo Minelli all’Ankronos Salute, “l’interruzione del tutto inattesa e fuori luogo dell’indispensabile supporto vaccinale fornito dall’atteso J&J, oltre a minare profondamente le certezze che tutti noi avevamo riposto nel piano di immunizzazione di massa, evidenzia in maniera chiara una sostanziale debolezza della rappresentanza politica europea che, senza una ragione logicamente accettabile, si allinea pedissequamente alle decisioni americane”.
“Per 6 reazioni trombotiche, una sola delle quali fatale, registrate in donne di età compresa fra i 18 e i 45 anni dopo somministrazione di vaccino Johnson & Johnson negli Stati Uniti, dove erano già state vaccinate oltre sei milioni di persone (percentuale di rischio pari allo 0,000001%), l’Europa decide di ‘copiare’ le scelte del governo statunitense inibendo di fatto l’utilizzo delle dosi che intanto erano arrivate nel continente”, aggiunge l’immunologo.
“Ci sarebbe da chiedersi, in ragione delle nuove evidenze che sembrano correlare al vettore virale le rarissime reazioni tromboemboliche immunomediate eparino-simili, perché sospendere l’utilizzo del vaccino J&J – chiede Minelli – se poi continua la vaccinazione con AstraZeneca che, come il vaccino Johnson&Johnson che è stato precauzionalmente sospeso, affida ad un adenovirus inattivato il trasporto del materiale genetico del Sars-Cov-2 utile per l’immunizzazione? Se i due vaccini sono sostanzialmente uguali, perché due pesi e due misure?”
“Appare evidente come queste scelte, oltre a compromettere significativamente l’efficacia del piano vaccinale – conclude – con il suo importante carico di attese positive, alterino ancor di più il già precario equilibrio tra cittadini sfiduciati e istituzione in affanno decisionale”.