Asta per il 5G. Gli operatori versano 6mld nelle casse dello Stato

Si è aperta una nuova era della telefonia mobilie con la conclusione dell’asta per la concessione delle reti 5G ai vari operatori, che porterà importanti novità anche sul piano tariffario, interessando in prima persona gli utenti. Si affacciano sull’orizzonte nuove occasioni, ma anche conseguenze altalenanti che potrebbero avere gravi ripercussioni sul mercato. Queste sono le maggiori preoccupazioni di tutti gli attori in gioco: dai lavoratori, dagli esperti del settore, fino agli stessi provider. La maggior parte è ancora turbata dalla gara per il 5G che ha avuto costi esorbitanti: 6,550 miliardi di euro che gli operati hanno dovuto versare nelle casse statali. Tim e Vodafone si sono spartiti 2,5 miliardi a testa per prendersi il 5G, al contrario di Illiad che ha dovuto versare 1,2 miliardi.  Wind-3 ha contribuito con Mezzo milione mentre Fastweb con 32.  Per quanto riguarda le frequenze, tutti hanno conquistato la fetta prelibata dei 26 GHz. Tim, Wind 3 e Iliad quelle da 700 MHz (con trasmissione maggiore nel territorio). Più frequenze significa maggiore capacità di servire nell’immediato un gran numero di clienti con prestazioni più elevate. E il 5G a questo proposito promette di dare diversi gigabit di velocità al secondo su internet. A partire da questi risultati e altre considerazioni di contesto, è possibile valutare gli esiti della gara per ciascun operatore e il relativo impatto sui servizi per gli utenti.”Tim e Vodafone sono quelli che hanno scelto di scommettere di più sul futuro, che arriverà con il 5G”, dice Francesco Sacco, docente dell’Università Bocconi di Milano e uno dei massimi esperti di banda larga (ha contributo a elaborare il piano banda ultra larga dei precedenti governi). Per esempio, i servizi su 5G per controllare le macchine industriali, come quelli che Tim sta sperimentando con Comau e altre aziende. O servizi di telemedicina, che Vodafone sperimenta a Milano. “Ora Vodafone ha le risorse per rendere Milano la capitale del 5G a tutti gli effetti”, dice Sacco. “Altro attore interessante è Iliad (a cui le regole della gara riservavano un blocco da 700 MHz in quanto nuovo entrante) – dice Sacco – E’ un’azienda molto basata sulla tecnologia e con le nuove frequenze potrà crescere ancora sul mercato, con servizi anche innovativi su 5G”.Wind 3 ha fatto una scelta diversa. Spendere meno ora, indebitarsi di meno, per analizzare alla finestra lo sviluppo del mercato. Se il 5G decollerà, ci potrà ancora essere un’opportunità di aggiudicarsi altre frequenze, magari a prezzi più economici). Per esempio, prima o poi la Difesa libererà le frequenze 3.4-3.6 GHz (simili a quelle assegnate a carissimo prezzo adesso). Ci sono inoltre potenzialmente sul piatto le frequenze 3 GHz appena prorogate agli operatori del fixed wireless broadband (che vendono servizi di banda larga o ultra larga per la casa). Tra dieci anni tornano sul mercato. Nel frattempo, inoltre, alcuni assegnatari – tra cui Linkem – potrebbero anche decidere di cederle a operatori più grandi. Si tratta di un tesoretto di svariate centinaia di milioni di euro, se valutate ai prezzi dell’asta. La cessione di queste frequenze non è fanta-economia: è successo proprio così nel Regno Unito, dove 3 UK per ottenerle ha comprato un operatore del fixed wireless access (risparmiando così rispetto a quanto avrebbe dovuto spendere per averle all’asta). Alcune di queste frequenze sono in mano di Fastweb, che le ha prese da Tiscali (uno dei soggetti per fixed wireless broadband). Così Fastweb ha potuto spendere di meno all’asta per sviluppare la propria strategia 5G, dove sta lavorando con diverse sperimentazioni (tra l’altro per la smart city, con Roma Capitale, e per innovare il porto di Bari con un sistema evoluto di logistica, controllo accessi).Fastweb, come altri operatori, potrà usare inoltre le frequenze 26 GHz per fare servizi “fixed wireless access” con prestazioni simil-fibra, quindi per l’accesso da casa o ufficio, come ha cominciato a fare Verizon negli Usa proprio con il 5G. In Italia in generale dovremo aspettare qualche mese in più. Secondo Antonio Sassano, docente dell’università Sapienza di Roma e tra i massimi esperti di frequenze in Italia, i primi effetti del 5G si vedranno nel 2019 a partire da alcune città selezionate dagli operatori (Milano in testa). Da gennaio infatti saranno disponibili a loro le prime frequenze, 3.6-3.8 GHz, non a caso le più contese all’asta. Tra i primi servizi per gli utenti ci sarà certo la maggiore disponibilità di banda per l’accesso a internet in mobilità. Ma in alcune amministrazioni virtuose sarà possibile anche vedere i primi servizi alla cittadinanza, per esempio telemedicina, assistenza domiciliare, reti intelligenti di trasporto, grazie alle più efficienti comunicazioni possibili grazie al 5G. Quelle a 700 MHz saranno liberate dalle tv solo nel 2022 quindi il 5G arriverà gradualmente a noi, con un crescendo di servizi e applicazioni, nei prossimi cinque anni circa. “La nota positiva è che l’asta del Governo ha permesso di generare risorse sufficienti per liberare le frequenze televisive senza problemi, quindi non ci dovrebbero essere intoppi o ritardi”, dice Sassano.Il tutto a condizione che gli operatori telefonici riescono a sostenere gli investimenti richiesti per la costruzione delle nuove reti. “La sfida è proprio questa. Far crescere i margini di profitto grazie ai servizi innovativi del 5G – dice Sacco. I margini sono il problema dei telefonici, adesso, perché i loro servizi hanno avuto prezzi decrescenti sul mercato”. L’ingresso di Iliad ha innescato una nuova – potenzialmente molto pericolosa per gli operatori – spirale di ribasso dei prezzi. “La via d’uscita per gli operatori è fare come Google e Amazon: sviluppare competenze tecniche differenzianti rispetto al mercato, per creare così servizi innovativi ad alto margine. Il 5G dà loro quest’opportunità, ma devono saperla cogliere”, dice Sacco. In ballo c’è la tenuta dell’intero sistema: se gli operatori non riescono a fare margine, non possono investire nelle reti e quindi sarà a rischio l’innovazione dei servizi, su cui tra l’altro si regge il futuro dell’economia italiana. Un futuro dove l’intelligenza artificiale e l’internet delle cose avranno un ruolo sempre più importante nelle aziende; ma sono tecnologie che appunto richiedono connessioni veloci, affidabili e onnipresenti per svilupparsi. C’è anche chi spera che il vicepremier Di Maio mantenga la parola. E assegni parte di quei miliardi dell’asta al sostegno dell’innovazione tecnologica in Italia e degli stessi operatori.”Abbiamo operatori privati  – ha detto Di Maio  –  che stanno facendo investimenti importanti in questa autostrada digitale, che saranno ben ripagati, e quindi mi aspetto investimenti sempre in nuove tecnologie” anche perché “gli imprenditori che hanno investito in questa gara devono averne comunque un ritorno in investimenti tecnologici che consentano al loro mondo di continuare a svilupparsi in Italia”.”Il Governo ha incassato 4 miliardi di euro in più rispetto ai 2,5 miliardi previsti dalla Legge di Stabilità del Governo Gentiloni per l’asta 5G. Speriamo che vadano a sostegno delle infrastrutture digitali. E non al reddito di cittadinanza o alla riduzione del debito, come si teme in questi giorni nel settore”, chiosa Francesco Bellini, docente alla Sapienza, nel dipartimento di management ed esperto di banda larga.