APPENA 4 METRI, DENTI ROBUSTI E PICCOLE ZAMPE ANTERIORI: TEAM ANCHE ITALIANO SCOPRE IN PERÙ LO SCHELETRO DI UN LONTANO PARENTE DELLE BALENE VISSUTO 36 MLN DI ANNI FA

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    Un ‘serbatoio’ di meraviglie, un luogo magico dove il tempo sembra essersi fermato, il deserto costiero del Perù. Qui, rocce e sedimenti hanno rivelato all’umanità tracce di vite lontane straordinarie, fossili straordinari come quello del Leviatano. Ed oggi, rivela la rivista internazionale ‘Current Biology’, giunge notizia di una scoperta che sposta indietro le lancette di addirittura 36 milioni di anni. Stavolta a fermare ilo cuore dei paleontologi e geologi delle università di Pisa e di Camerino e dei musei di storia naturale di Parigi, Bruxelles e Lima, l’apparato scheletrico di un ‘misticeto’, testimonianza oggettiva dell’evoluzione degli antenati delle balene e delle balenottere. Come spiegaGiovanni Bianucci, paleontologo del dipartimento di Scienze della Terra dell’Università di Pisa, tra i protagonistidello scavo, e allo studio del fossile: “Quella che abbiamo trovatoè una balena molto diversa da quelle che nuotano nei nostri mari, che conserva caratteri primitivi, come la presenza delle zampe posteriori, seppure estremamente ridotte (è stato trovato il bacino molto piccolo), e denti robusti che le sono valsi il nome di ’Mystacodon’, che sta a significare ’misticeto con i denti’. “Il nome della specie ’selenensis’ evoca invece Selene, la dea della Luna, in riferimento a Media Luna, la località in cui è stato scoperto il fossile – aggiunge il ricercatore – Inoltre questa balena, come la maggior parte di quelle vissute nel passato, era molto più piccola di quelle di oggi: solo 4 metri, pochi se confrontati con gli oltre 30 raggiunti dalla balenottera azzurra. Dallo studio del suo scheletro siamo arrivati alla conclusione che Mystacodon selenensis probabilmente si nutriva su fondali sabbiosi aspirando piccole prede. Questo tipo di alimentazione è supportato dalla peculiare usura dei denti dovuta all’accidentale ingestione di sabbia durante la cattura delle prede. Anche la pinna pettorale mostra una particolare mobilità utile a dirigere e bilanciare il corpo quando l’animale si spostava in prossimità del fondo. “Questa ricerca come altre che stiamo portando avanti da oltre 10 anni, tutte in collaborazione con diverse istituzioni straniere – conclude Giovanni Bianucci – confermala straordinaria importanza del deserto costiero del Perù per i suoi eccezionali fossili. Si tratta di un giacimento unico a livello mondiale che documenta in dettaglio 40 milioni di anni di evoluzione dei vertebrati marini”. Come spiegano in merito all’importante scoperta dall’Università di Pisa: “bisogna risalire all’origine dei due grandi gruppi ancora viventi di cetacei: gli odontoceti (delfini, orche e capodogli) e i misticeti (balene e balenottere). Gli odontoceti hanno sviluppato un biosonar che permette loro di individuare le prede, come pesci e calamari, anche con poca luce, mentre i misticeti hanno sostituito i denti con i fanoni per filtrare piccoli organismi nella massa d’acqua o nei fondali sabbiosi. Queste due importanti ’innovazioni’ hanno permesso ai cetacei di diversificarsi e di colonizzare tutti gli ambienti marini”. Tuttavia al momento non è stato ancora possibile datare con precisione l’origine di questi due grandi gruppi, circa la storia evolutiva dei cetacei. Recenti studi genetici condotti sui cetacei attuali suggeriscono che questo importante evento si sia verificato intorno a 40 milioni di anni fa, ma i reperti fossili in rocce di età simile sono molto rari e, di fatto, il più antico odontoceto fossile conosciuto ha ’solo’ 29 milioni di anni mentre il più antico misticeto aveva, fino ad oggi, ’solo’ 34 milioni di anni. Dunque, con la sensazionale scoperta ‘peruviana’, in virtù dei suoi 36 milioni di anni, e con caratteri ancora primitivi (come la presenza di denti e di zampe posteriori), Mystacodon selenesis rappresenta un importante tassello che va a colmare un vuoto nella conoscenza di questo importante gruppo di mammiferi marini. Nello specifico Claudio Di Celma, geologo della Scuola di scienze e tecnologie dell’Università di Camerinoche ha curato lo studio stratigrafico dell’area di ritrovamento del fossile, afferma che “uno degli aspetti cruciali di questa ricerca è stato quello di fornire un’età più precisa possibile del reperto. Per questo motivo sono stati raccolti numerosi campioni di roccia nei diversi strati affioranti, compreso quello che conteneva lo scheletro della balena. In questi campioni sono stati trovati dei microfossili che hanno permesso al collega Etienne Steurbaut di datare a 36 milioni di anni fa i resti del cetaceo”.

    M.