(Adnkronos) – Semplificazione, necessaria, o rinuncia ai controlli e, quindi, via libera alla corruzione? Della riforma del Codice degli appalti si sta parlando in queste ore con una fortissima polarizzazione tra chi ne sostiene la logica e l’impostazione e chi, al contrario, denuncia un clamoroso passo indietro. Maggioranza contro opposizione, ma anche due prospettive che è difficile tenere insieme. Il dilemma che vede contrapposte l’esigenza di accorciare i tempi e ridurre il peso della burocrazia e quella di tenere lontana l’illegalità dagli appalti pubblici è da sempre il tema che accompagna qualsiasi tentativo di legiferare in materia di appalti.
E lo scontro tra la Lega, il partito di Matteo Salvini che si è intestato la riforma, e il presidente dell’Anac, l’Autorità nazionale anticorruzione, Giuseppe Busia, è sintomatico di un problema che va affrontato senza piantare bandierine ma entrando nel merito della questione. Busia, sostanzialmente, ha fatto il suo mestiere. Ha evidenziato quelle che dal suo punto di vista sono le criticità del nuovo Codice. La prima è che “concentrarsi solo sulla velocità rischia di andare a discapito di trasparenza, concorrenza, tutele dei lavoratori e in definitiva della qualità delle opere pubbliche”. La seconda è che “il codice trasforma in regola quelle che prima erano deroghe emergenziali, perdendo di vista quello che ci chiede l’Europa”. Su tutti e due i fronti, va fatta una riflessione. Anche perché i problemi che stanno emergendo sull’attuazione del Pnrr passano proprio per riforme che vanno fatte nella direzione indicata da Bruxelles e, soprattutto, per norme che rendano più trasparente possibile l’affidamento dei lavori e la gestione dell’imponente ammontare delle risorse.
La reazione della Lega è stata dura. “Gravi, inqualificabili e disinformate dichiarazioni del presidente Busia sul Codice Salvini: se parla così di migliaia di sindaci e pensa che siano tutti corrotti, non può stare più in quel ruolo. Busia ha dei compiti di controllo, invece certifica di essere prevenuto, non neutrale e quindi non credibile”, ha scandito Stefano Locatelli, responsabile Enti Locali della Lega. Opposta, e altrettanto ferma, la posizione del Pd. “La destra sappia che le preoccupazioni di Busia sono le nostre”, ha assicurato il presidente dei senatori Dem Francesco Boccia.
Il presidente dell’Anac ha però replicato: “Amministratori corrotti? No, nel modo più assoluto. I sindaci, soprattutto nei piccoli comuni, oggi sono degli eroi. Svolgono una funzione essenziale, importantissima, pagati pochissimo e si assumono grandi responsabilità”. E poi è tornato a sostenere la sua linea. “Controllabilità e trasparenza si possono conciliare con la rapidità del fare, attraverso il digitale. Non si perde tempo. La gara in sé non è il grosso del tempo che si spende. Se non si fa neanche un avviso le imprese migliori sono penalizzate. E se si scelgono imprese incapaci, sono queste a provocare ritardi”.
Il nodo principale è in questo passaggio. Le gare non sono il problema ma la soluzione del problema e un conto è decidere di non fare più gare, come di fatto prevede il Codice Salvini, e un altro conto è trovare gli accorgimenti necessari per rendere le gare più efficienti ed efficaci. Sono due le scelte principali fatte, sintetizzate da altrettante soglie di accesso. Gli appalti potranno essere assegnati senza gara fino a 5,3 milioni di euro, e potranno essere realizzati più in fretta (con un risparmio da sei mesi a un anno); per gli appalti fino a 500 mila euro le piccole stazioni appaltanti potranno procedere direttamente senza passare per le stazioni appaltanti qualificate.
Tutte e due le misure, evidentemente, vanno nel senso della semplificazione. Ma il dubbio che possano agevolare le infiltrazioni della criminalità e incentivare la corruzione appare fondato. E questo dubbio andrebbe affrontato e sciolto trovando nel percorso parlamentare del provvedimento le correzioni più adatte almeno a ridurre i rischi, se eliminarli del tutto viene considerato un costo troppo altro da pagare per la certezza dei tempi e l’effettiva capacità di assegnare gli appalti. Anche perché, per come è uscito il testo dal Consiglio dei ministri, sia il Quirinale sia la Commissione Ue potrebbero richiedere consistenti modifiche al Codice. (Di Fabio Insenga)