(Adnkronos) – Angelica, poco più di 30 anni, stringe fra le braccia la figlia Federica, di quasi 5 mesi. Una gravidanza naturale che non ha precedenti nella letteratura scientifica, perché prima di diventare mamma la giovane era stata ‘bersagliata’ da fasci di ioni carbonio diretti alla zona pelvica per curare un tumore raro all’osso sacro. Un trattamento radicale che le avrebbe impedito per sempre di concepire un bimbo, se i medici non avessero ‘spostato’ l’utero e le ovaie della giovane per preservarli dalle radiazioni.
“Una procedura del tutto inedita”, il “primo caso al mondo”, annunciano da Pavia il Centro nazionale di adroterapia oncologica (Cnao) e la Fondazione Irccs Policlinico San Matteo che insieme hanno permesso ad Angelica di entrare nella storia della medicina. Alla vigilia della Festa della mamma, la sua storia vuole essere “un messaggio di forza e di speranza per tante donne”.
Era maggio del 2019 – ricostruiscono dai due centri pavesi – quando Angelica, allora 27enne, arriva al Cnao dalla Campania con una diagnosi di condrosarcoma di grado 1 dell’osso sacro, cancro raro non operabile e vicinissimo a retto, utero e ovaie. La giovane viene trattata con un ciclo di adroterapia sulla pelvi con ioni carbonio, la forma più avanzata di radioterapia, preceduta da “un intervento del tutto insolito di dislocazione contemporanea del retto, dell’utero e delle ovaie – spiega una nota – per porre queste strutture al sicuro dal fascio di radiazioni e poterne erogare una dose radicale sul tumore”. Una “procedura del tutto inedita in letteratura”, che insieme al “buon controllo di malattia” determinato dall’adroterapia ha reso possibile anche un “piccolo grande miracolo”: la funzionalità ormonale rimane intatta e Angelica resta incinta spontaneamente. Ad accompagnarla nel suo percorso una task force multidisciplinare tutta al femminile, di dottoresse di Cnao e San Matteo, supportate dal chirurgo Lorenzo Cobianchi.
“Ho scoperto di essere rimasta incinta durante il weekend della Festa della mamma dell’anno scorso – racconta Angelica – Dopo le terapie cui mi ero sottoposta, non mi aspettavo che potesse accadere per vie naturali, né di avere una gravidanza in cui tutto è stato davvero perfetto. All’inizio ero molto spaventata, avevo mille dubbi, non si sapeva come avrebbe reagito il mio corpo. Per questo ho deciso di farmi seguire là dove erano stati in grado di trattare il mio tumore e conoscevano bene la mia storia. Pavia mi aveva ridato la vita e la possibilità di dare la vita: la mia bambina doveva nascere lì. La dottoressa Amelia Barcellini del Cnao e la dottoressa Chiara Cassani del Policlinico San Matteo mi hanno preso per mano e da quel momento mi sono sentita al sicuro, ho ritrovato la serenità. Tanto che all’ultimo mese di gravidanza mi sono trasferita a Pavia per essere certa che, anche in caso di parto prematuro, sarei stata assistita dalle ‘mie’ dottoresse”.
Camici ‘rosa’ che innanzitutto hanno dovuto sconfiggere il tumore di Angelica: “Escluso l’approccio chirurgico – riferisce Barcellini, radioterapista oncologa del Cnao – per trattarlo serviva una dose radicale, quindi elevata, di adroterapia, non compatibile con quella tollerata dagli organi a rischio adiacenti, in particolare il retto e, data la giovane età di Angelica, l’utero e le ovaie. Per distanziare retto e utero abbiamo usato un dispositivo in silicone detto ‘spacer’. Se le ovaie fossero state lasciate in sede, avrebbero ricevuto una dose di radiazioni tale da renderle inattive dal punto di vista ormonale, determinando anche una menopausa radio-indotta. Per evitare che questo accadesse, occorreva dislocarle affinché non risentissero neanche di una eventuale minima dose di irradiazione. Poiché” però “ogni intervento sulle ovaie non è esente da rischi”, per sicurezza “Angelica si è sottoposta anche a una crioconservazione ovocitaria”. Successivamente “abbiamo seguito la sua funzionalità ormonale durante tutti i controlli, senza mai evidenziare delle alterazioni”.
Riporta Cobianchi, chirurgo del Policlinico San Matteo che ha eseguito l’intervento di dislocazione degli organi vicini al tumore: “Le ovaie” di Angelica “sono state anteriorizzate fissandole alla parete addominale, dopo aver dislocato il retto e l’utero con uno spacer in modo da risparmiare queste strutture dal fascio di particelle”. Maria Rosaria Fiore, radioterapista oncologa Cnao e referente per il trattamento dei sarcomi dell’osso, precisa che “a nostra conoscenza è la prima volta al mondo che si eseguiva un trattamento con ioni carbonio alla pelvi preceduto da una procedura di questo tipo per proteggere la fertilità. Le sedute si sono svolte nell’estate del 2019” e “nella primavera 2022 Angelica ci ha comunicato di essere incinta”.
Terminata la terapia anticancro – ripercorrono ancora da Pavia – la giovane non ha accusato particolare tossicità; il retto non ha subìto danni, le ovaie e l’utero hanno ricevuto una dose di radiazioni praticamente nulla, le mestruazioni sono rimaste regolari. Ecograficamente le ovaie risultavano funzionanti e il follow-up oncologico era sempre negativo, ma “il fatto che Angelica sia riuscita a rimanere gravida spontaneamente assume subito i contorni di una vicenda eccezionale”, assicurano i sanitari.
“A partire dalla ventesima settimana di gestazione – illustra Cassani, ginecologa oncologa del Policlinico San Matteo, che ha fatto nascere la piccola Federica – abbiamo sottoposto Angelica a ecografie mensili per monitorare il funzionamento della placenta e la corretta crescita della bambina. Non essendoci dati di letteratura specifici di gravidanza dopo adroterapia, abbiamo ritenuto che gli eventuali rischi potessero essere assimilabili a quelli riportati per la radioterapia convenzionale con raggi X, in primis il rischio di ritardo nella crescita fetale. Rischio scongiurato, perché la gravidanza non ha dato problemi e Federica è cresciuta regolarmente. Lo scorso 23 dicembre è stato pianificato un parto cesareo a carattere tutelativo”, perché “a causa delle radiazioni il rischio di frattura sacrale durante un parto naturale era elevato. Sempre in base ai dati sulla radioterapia con fotoni, con dosi tuttavia più basse rispetto a quelle erogate ad Angelica, vi era un rischio di sanguinamento alla nascita che ci preoccupava. Ma anche queste nubi si sono diradate, il parto si è svolto senza complicanze e il giorno di Santo Stefano Angelica e la sua bambina erano già a casa, perfettamente in salute”.
Cruciale per il successo del parto è stata anche la scelta dell’anestesia: quale sarebbe stata più adatta per Angelica, le cui radici nervose erano state esposte a radiazioni, con possibili conseguenze sulla sensibilità agli anestetici usati di solito durante le procedure ostetriche? “Per decidere – ricordano Maria Paola Delmonte e Federica Broglia, anestesiste del Policlinico San Matteo – volevamo osservare i cambiamenti del terzo trimestre. Abbiamo visitato Angelica: era in una situazione perfettamente nella norma, senza alcuna ripercussione emodinamica, di stabilità, di deambulazione o di sensibilità. Se non avessimo conosciuto la sua storia, non l’avremmo distinta da tante altre mamme in dirittura d’arrivo al parto. Dopo diverse valutazioni fatte insieme alla paziente e discussioni con il tutto il team che stava seguendo il suo caso, abbiamo puntato sull’anestesia peridurale che, agendo localmente, è quella più sicura per mamma e bambino. E tutto è andato per il meglio”.
Quella di Angelica “è più di una storia – commentano da Cnao e San Matteo – Racconta di una giovane donna che affronta un tumore raro, riuscendo a diventare mamma contro ogni pronostico, ma testimonia anche i risultati cui possono arrivare due strutture d’eccellenza che uniscono le forze in una collaborazione multidisciplinare. Ed è anche la storia di un gruppo di dottoresse che gettano il cuore oltre l’ostacolo e si mettono alla prova in un percorso dall’esito tutt’altro che scontato”. Tutte insieme chiariscono che, “date le molte incognite che circondavano questa gravidanza, per noi sarebbe stato più ‘comodo’ farla terminare appena possibile, facendo nascere la bambina alla 36esima settimana con una piccola prematurità. Invece ci abbiamo creduto fino in fondo, fissando la data del parto due giorni prima del Natale, in modo che Federica restasse per tutto il tempo necessario nella pancia della mamma. Ed è stata una nostra precisa scelta. I pazienti hanno già il peso della malattia da portare sulle spalle, ci sono momenti in cui dev’essere il medico ad avere il coraggio di prendere delle decisioni, con tutto il carico di responsabilità che queste comportano”.
Successivamente al parto – conclude la nota – un esame istologico della placenta non ha rilevato alcun segno del trattamento radiante. Oggi, tra un controllo e l’altro, Angelica cerca di non pensare al tumore e di concentrarsi sulla sua vita, la sua famiglia, Federica e il secondo bambino che spera di avere. Guardandosi indietro, sa di essere stata protagonista di un piccolo miracolo e desidera che sua storia “possa infondere speranza a tante altre donne”.