Sono 74 le vittime dell’ennesimo naufragio nel Mediterraneo, al largo della Libia. L’ottavo in meno di due mesi. L’imbarcazione che si è rovesciata – secondo quanto riportato dall’ Organizzazione internazionale per le migrazioni – trasportava 120 persone. Solo 47 sono sopravvissute e portate in salvo dalla Guardia costiera libica e da pescatori. 31 i corpi ritrovati, che si sommano ai 19 morti, tra cui due bambini, degli ultimi giorni.
“La perdita di vite umane nel Mediterraneo è una manifestazione dell’incapacità degli Stati di intraprendere un’azione decisiva per dispiegare un sistema di ricerca e soccorso quanto mai necessario in quella che è la rotta più mortale del mondo”, ha detto Federico Soda, capo missione dell’Oim Libia. “Da tempo – ha proseguito – chiediamo un cambiamento nell’approccio, evidentemente impraticabile, seguito nei confronti della Libia e del Mediterraneo. Non dovrebbero essere più riportate persone a Tripoli e si dovrebbe dar vita al più presto a un meccanismo di sbarco chiaro e definito, a cui possa possano far seguito delle azioni di solidarietà degli altri Stati. Migliaia di persone vulnerabili continuano a pagare il prezzo dell’inazione, sia in mare sia sulla terraferma”.
L’Organizzazione ribadisce che la Libia non è un porto e sicuro e invita l’Unione europea a fare qualcosa. Da ottobre 1.900 migranti, oltre 11 mila dall’inizio dell’anno, sono stati intercettati in mare e riportati in Libia, “un Paese senza alcuna sicurezza del rispetto dei diritti umani”.