(Adnkronos) – Quando si avvicina il momento delle faccende domestiche, milioni e milioni di persone nel mondo si mettono in cerca di un buon motivo per armarsi di spugne, detersivi, scopa e stracci e scendere in campo in prima persona nella pulizia di pavimenti, fornelli, librerie. Quella spinta in più oggi la fornisce la scienza. Fare i mestieri di casa è infatti fra le attività fisiche e mentali che possono aiutare a ridurre non poco il rischio di demenza, del 21% secondo un nuovo studio pubblicato online su ‘Neurology’. Ma non solo. Anche chi ritiene di non essere tagliato per la vita da casalinghi ha una speranza. Nella lista delle abitudini ‘amiche’ di un cervello in salute infatti c’è anche altro: l’essere ‘mondani’, cioè dedicarsi a visite alla famiglia e passare del tempo con amici, e fare esercizio fisico.
Lo studio ha esaminato gli effetti di queste attività, nonché dell’uso di dispositivi elettronici nelle persone con e senza un rischio genetico più elevato di demenza. “Molti studi hanno identificato i potenziali fattori di rischio, ma noi volevamo saperne di più su un’ampia varietà di abitudini di vita e sul loro potenziale ruolo nella prevenzione della demenza”, ha spiegato l’autore del lavoro, Huan Song, della Sichuan University di Chengdu, in Cina. “Con il nostro studio abbiamo scoperto che l’esercizio fisico, le faccende domestiche e le visite sociali erano collegate a un rischio ridotto di vari tipi di demenza”. Gli scienziati hanno analizzato i dati di un database del Regno Unito su 501.376 persone senza demenza con un’età media di 56 anni.
I partecipanti hanno compilato questionari all’inizio dello studio, incluso uno sulle attività fisiche. È stato poi chiesto loro con quale frequenza partecipassero ad attività come salire una rampa di scale, camminare e praticare sport faticosi. È stato anche chiesto delle faccende domestiche, delle attività legate al lavoro e del tipo di trasporto usato, se camminassero o andassero al lavoro in bicicletta. I partecipanti hanno completato un altro questionario sulle attività mentali. Ed è stato chiesto loro del livello di istruzione, se frequentano corsi di istruzione per adulti, quanto spesso vanno in visita con amici e familiari, se vanno in pub o club sociali o partecipano a gruppi religiosi e quanto spesso usano dispositivi elettronici, per esempio se giocano al computer, guardano la Tv e parlano al telefono.
Infine i partecipanti hanno riferito se avevano familiari stretti con demenza. Questi dati hanno aiutato i ricercatori a determinare se avevano un rischio genetico per il morbo di Alzheimer. I protagonisti dello studio sono stati seguiti in media per 11 anni. Alla fine, 5.185 avevano sviluppato demenza. Dopo aver aggiustato per molteplici fattori come l’età, il reddito, il fumo, i ricercatori hanno scoperto che la maggior parte delle attività fisiche e mentali studiate mostrava collegamenti al rischio di demenza. Le persone che erano molto impegnate in modelli di attività tra cui esercizi frequenti, faccende domestiche e visite quotidiane a familiari e amici avevano rispettivamente il 35%, il 21% e il 15% di rischio in meno di sviluppare demenza, rispetto alle persone che erano le meno impegnate in queste attività.
I ricercatori hanno anche esaminato i tassi di incidenza della demenza in base a modelli di attività identificati. Ed erano molto più bassi per le persone che si esercitavano frequentemente rispetto a chi lo faceva raramente, per chi sbrigava faccende domestiche rispetto a chi vi si dedicava saltuariamente e per chi aveva incontri quotidiani con familiari e amici rispetto a chi li vedeva una volta ogni paio di mesi. “Lo studio ha rilevato che impegnandosi più frequentemente in attività fisiche e mentali sane le persone possono ridurre il rischio di demenza”, ha detto Song. “Sono necessarie ulteriori ricerche per confermare i nostri risultati. Tuttavia, sono dati che incoraggiano rispetto al fatto che apportare questi semplici cambiamenti allo stile di vita può essere utile”.
I ricercatori hanno scoperto che tutti i partecipanti hanno beneficiato dell’effetto protettivo delle attività fisiche e mentali, indipendentemente dal fatto che avessero o meno una storia familiare di demenza. Lo studio è stato sostenuto dalla National Natural Science Foundation of China, dal West China Hospital, dall’Università di Sichuan e dal National Clinical Research Center for Geriatrics.