“Il bilancio delle politiche ambientali italiane per la tutela della salute e’ largamente insufficiente”. Queste le parole di Carlo Signorelli, vicepresidente della Societa’ italiana di igiene (Siti), in occasione del secondo congresso apulo-lucano di Igiene iniziato oggi a Lecce, che durera’ fino a domenica 21 aprile. “A rimetterci – avverte Signorelli – sono i cittadini che non sono sufficientemente tutelati dai fattori ambientali lesivi della salute umana”. Cosi’ “come provato da alcuni casi eclatanti come la diossina in Campania, il caso Ilva, l’arsenico nelle acque e le crescenti e irrazionali resistenze e paure della popolazione che sfociano in quella che e’ stata battezzata la sindrome Nimby (Not in my back yard)”. A 20 anni dal referendum sui controlli ambientali che tolse le competenze al Servizio sanitario nazionale, aprendo la lunga e travagliata stagione dell’istituzione delle Agenzie regionali per la protezione dell’ambiente (Arpa), e’ dunque tangibile e generalizzato il malcontento tra i maggiori esponenti nel campo dell’igiene e della salute. “Le imprese si lamentano dell’eccessiva burocrazia per le pratiche ambientali – spiega Signorelli – Asl e Arpa spesso non lavorano in sinergia e sono ancora troppi i pregiudizi e le ideologie”. Il caso dell’Ilva di Taranto, chiosa il presidente della Siti, Michele Conversano, “dimostra che pur in assenza di violazione di leggi ambientali si e’ determinato un danno alla salute dei cittadini”. Il ministro dell’Ambiente Corrado Clini elenca alcune di quelle che ritiene le motivazioni del parziale fallimento del tentativo di “reingegnerizzazione istituzionale” del sistema dei controlli ambientale previsto dal referendum: “L’insufficienza di politiche formative; la mancanza di un confronto e dialogo costante tra tecnici di diversi settori inclusi i giuristi; le dispute sul potere di legiferare fra Stato e Regioni; la riduzione progressiva delle risorse finanziarie destinate alle politiche ambientali”. “L’Italia – ricorda Ermete Realacci, deputato Pd, ai tempi del referendum presidente Legambiente – era l’unico Paese occidentale con controlli ambientali affidati alla sanita’. La scelta fu giusta non per disconoscere la forte relazione tra ambiente e salute dei cittadini, ma per dare a questi controlli una forza maggiore. In questi 20 anni si e’ proceduto purtroppo a macchia di leopardo, in alcune regioni ci sono strutture eccellenti e in altre funzionano male. Inoltre, non tutte le Arpa hanno certezza di finanziamenti e questo e’ un serio problema. Abbiamo presentato un disegno di legge che va nella direzione di controlli meno burocratici – ricorda – ma piu’ efficienti e trasparenti indispensabili per politiche economiche che guardano al futuro”. Donato Greco, per anni dirigente del ministero della Salute, del Centro nazionale per la prevenzione e il controllo delle malattie e dell’Istituto superiore di sanita’ (Iss), ritiene “positivo il fatto che dal 1993 in poi siano state costruite competenze specialistiche dedicate ai controlli ambientali”, ma sottolinea che “tuttavia si e’ creata una frattura tra competenze sanitarie ed ambientali, e’ cresciuta una normativa ambientalista che ha ignorato le priorita’ di salute sia in termini di veri rischi che in termini di rischi presunti ma non provati scientificamente, si e’ coltivato il principio di precauzione, solido antagonista della scienza, e sono state imposte restrizioni ipercautelative e talvolta inapplicabili senza valutarne il negativo impatto sociale e sul mondo della produzione. Cio’ ha leso la credibilita’ del sistema favorendo la crescita ideologie contrapposte”. Anche il procuratore generale di Taranto Franco Sebastio tiene a sottolineare come “ambiente e salute sono aspetti dello stesso problema essendo strettamente correlati tra loro”. Vittorio Carreri, allora coordinatore degli operatori della Siti, fa notare che “oggi l’Arpa e’ finanziata in quasi tutte le regioni sul bilancio della sanita’, ma se l’Asl ha bisogno di prestazioni deve spesso mettersi in fila e pagarle. Ritengo – conclude – che a livello statale potrebbe essere istituito un grande e moderno Istituto di riferimento per la rete dei laboratori di sanita’ pubblica, raggruppando l’Iss, Inran e l’ex Ispesl”.