“Per la Gastroenterologia sono destinati meno dell’1,5% dei 147mila posti di degenza accreditati sul territorio nazionale. Secondo i dati Ministero della Salute del 2017, il rapporto è di un letto accreditato ogni 277 abitanti. Eppure, le patologie dell’apparato digerente sono estremamente eterogenee, colpiscono un numero enorme di pazienti. Un italiano su 4 soffre per patologie del fegato; i tumori del tubo digerente sono molto frequenti così come le patologie alcol-correlate e i disturbi gastrointestinali funzionali, che interessano il 50% della popolazione italiana. Ci sono poi le malattie infiammatorie croniche intestinali e del pancreas, malattie funzionali che interessano 1 italiano su 2 e patologie ad alta intensità che richiedono interventi di urgenza, come ad esempio le emorragie digestive”. Lo ha detto Domenico Alvaro, preside Facoltà di Medicina dell’Università degli Studi di Roma “La Sapienza” intervenendo alla tavola rotonda online “Servizio Sanitario Nazionale e gestione sanitaria post-Covid”, promossa all’interno del 27° Congresso Nazionale Malattie Digestive Fismad, in programma dal 22 al 25 settembre.
“Da un’indagine condotta per un anno e mezzo – ha sottolineato Alvaro – che ci ha consentito di avere una mappa descrittiva di quelle che sono le unità complesse di gastroenterologia, dipartimentali o semplici – emerge che su tutto il territorio nazionale abbiamo 174 unità complesse di gastroenterologia che sono in numero maggiore nel Nord rispetto al Sud, al Centro e alle Isole. Nel Nord abbiamo un’unità complessa di gastroenterologia ogni 341mila abitanti, nel Centro Italia una ogni 280mila e al Sud e nelle Isole una ogni 409mila. Ma quello che mi preme sottolineare è che, quando andiamo a vedere i posti letto di degenza ordinaria destinati alla Gastroenterologia, abbiamo numeri assolutamente frustranti”.
“Al Nord, al Centro, come nel Sud e nelle isole sono pochissimi o del tutto inesistenti i servizi territoriali – ancora il preside della Facoltà di Medicina della Sapienza – La realtà che conosco meglio è quella del Lazio, dove esiste un’unità semplice di gastroenterologia, non a caso diretta da un medico di medicina generale. Come a dire che quando c’è l’interesse personale si creano le strutture territoriali. Ma questo certo non può divenire la regola, il nostro sistema non può assolutamente funzionare solo attraverso iniziative personali”.
“Noi come Fismad”, ha aggiunto Alvaro, “abbiamo cominciato prima della pandemia a gestire l’eterogeneità delle patologie dell’apparato digerente che richiede assolutamente l’individuazione e l’attuazione di modelli appropriati, efficienti e omogenei di assistenza gastroenterologica. Il Pnrr dovrebbe perciò ridisegnare la nostra sanità, partendo proprio dall’assistenza domiciliare, il cui l’obiettivo deve essere quello di gestire almeno larga parte della popolazione over 65, e quindi un 15% di questi pazienti. Negli ospedali dovrebbe essere prevista poi una struttura per la gestione delle patologie di media e bassa intensità, il tutto gestito da un Centro di coordinamento”.
“La Gastroenterologia si presta benissimo a questo modello. Fino ad oggi, i Pronto Soccorso sono stati intasati da pazienti con patologie gastroenteriche (nel 50% dei casi) che non avrebbero nessun motivo di intasare un Pronto soccorso o richiedere un ricovero in un reparto di gastroenterologia. Ma tutto questo potrà essere realizzato solo coinvolgendo le società scientifiche, che si sforzano di produrre modelli efficienti in termini di spesa, riducendo gli sprechi che vanno dal 20 al 40% di tutta la spesa sanitaria. Come? Razionalizzando l’offerta sanitaria, utilizzando le competenze e le proposte che arrivano dalle società scientifiche. In sintesi, il paziente deve arrivare in ospedale quando è acuto, tutto il resto deve essere gestito sul territorio con dei modelli che abbiano una base scientifica e razionale”, ha concluso Alvaro.