(Adnkronos) –
L’inflazione continua ad avere riflessi negativi sul portafoglio degli italiani e la spesa risulta da sempre tra le voci che gravano maggiormente. In questo delicato contesto risultano ancora più evidenti fenomeni quali la shrinkflation, neologismo derivante dall’unione del verbo “to shrink”, (che significa “restringere”) e il termine “inflation” (inflazione). È una tendenza che si osserva ormai da anni: i produttori riducono la quantità di prodotto all’interno delle confezioni, mantenendo però il prezzo sostanzialmente invariato. In altri casi, invece, il prezzo della confezione subisce, seppur in misura limitata, un aumento a fronte della riduzione del suo contenuto. Succede quindi che le confezioni mutano qualche particolare estetico, aggiungono magari un ingrediente e, contemporaneamente il peso del contenuto si fa più leggero. Il prezzo, però, non segue sempre la stessa logica. Grazie alla collaborazione della community degli ACmakers, il progetto che permette di partecipare in prima persona ai test e sondaggi Altroconsumo, sono stati raccolti diversi casi che aiutano a fare luce su questo fenomeno.
La shrinkflation colpisce anche gli scaffali italiani, numerose le segnalazioni dei consumatori. Nonostante un’attenzione mediatica conquistata principalmente negli ultimi mesi, in realtà il fenomeno della shrinkflation non è una novità neanche in Italia. Tra i prodotti segnalati dagli ACmakers che hanno visto una riduzione della quantità contenuta nelle confezioni, senza un’adeguata rimodulazione del prezzo, vi sono le confezioni di Philadelphia light (passate da 200 a 190g), di Kinder Brioss (da 280 a 270g), di Krumiri Bistefani (da 300 a 290g), di detergente piatti Nelsen (da 1.000 a 900 ml) e di fazzoletti usa e getta, il cui contenuto in ogni singolo pacchetto è passato in molti casi da 10 a 9 fazzoletti. Attenzione, però: non tutte le riduzioni dei formati sono uguali e, paradossalmente, in alcuni casi potrebbero anche essere valutate in maniera positiva. È il caso, per esempio, di alcune confezioni di tonno in scatola, la cui riduzione di peso ha interessato il solo contenuto di olio, che normalmente non viene consumato, mantenendo lo stesso quantitativo di pesce sgocciolato.
Il tema è piuttosto centrale, tanto che anche l’Autorità garante della concorrenza e del mercato ha avviato un’istruttoria per verificare che le strategie adottate dai produttori di fatto non possano costituire una vera e propria pratica commerciale scorretta e violare così il Codice del consumo. L’Antitrust ha dichiarato che accerterà se il consumatore sia stato informato in maniera chiara e trasparente in etichetta del cambio di formato subìto dal prodotto: in caso contrario procederà a un approfondimento. In attesa di capire quali saranno le decisioni dell’Autorità, Altroconsumo continuerà a vigilare su nuovi possibili casi di shrinkflation.
L’unica arma davvero valida a disposizione dei consumatori è l’attenzione che occorre prestare nei punti vendita: bisogna sempre controllare il formato del prodotto che si sta per comprare, cioè il peso o il volume, e poi verificare il prezzo al chilo oppure al litro. In questo modo è possibile effettivamente capire quanto si sta spendendo in proporzione alla quantità di prodotto che si sta mettendo nel carrello. Occhio a non farsi ingolosire dalle offerte speciali, perché il fenomeno potrebbe fare capolino anche in quel caso. Indubbiamente le promozioni, le offerte speciali o i pacchi di confezioni formato famiglia possono essere un’alternativa valida per chi vuole risparmiare, ma è sempre bene valutarne l’effettiva convenienza.