Integratori alimentari, tisane, prodotti dietetici sono spesso oggetto sui social media di post e advertising. Purtroppo però si tratta di un mondo, quello digitale, in cui far rispettare le leggi (che ci sono) non è sempre facile. E allora per difendersi da post ingannevoli, nella forma e nei contenuti il consumatore deve essere consapevole e informato. Altroconsumo, la più grande organizzazione indipendente di consumatori in Italia nell’ambito di un progetto finanziato dalla Commissione europea (programma per la tutela dei consumatori 2014-2020) ha organizzato un webinar ( “L’influencer marketing nel settore degli integratori” ) con ospiti esperti del settore dedicato ai consumatori per comprendere le dinamiche e imparare a “difendersi”. Davide Zanon Segretario Generale CIE , con i contributi di Bianca Luongo e Paolo Martinello – Altroconsumo, Avv. Marisa Marraffino – IAP e con l’intervento di Luca Macellari Palmieri professionista della comunicazione digitale e l’Influencer da quasi 200 mila follower su Instagram hanno spiegato e fatto un quadro del mercato pubblicitario sui social media e su cosa sia possibile scrivere sui post pubblicitari.
L’incontro all’interno del progetto FoodSuppAds, finanziato dalla Commissione Europea (programma per la tutela dei consumatori 2014-2020), è volto alla ricerca di casi di pubblicità poco trasparente o occulta verificando il contenuto e la correttezza dei messaggi pubblicitari in particolare degli influencer che promuovono integratori alimentari, soprattutto su Instagram. Messaggi poco chiari, e spesso fuorvianti nei contenuti. Si tratta di un ambito molto delicato, in cui la correttezza dell’informazione oltre alla trasparenza del messaggio pubblicitario,ha implicazioni che riguardano la salute.
Ha iniziato Paolo Martinello – Presidente della Fondazione di Altroconsumo ha mostrato le direttive europee che dichiarano come ogni pubblicità deve sempre essere “riconoscibile e distinguibile da altre forme di comunicazione”. Quindi ogni post che non sia riconoscibile e che ometta l’intento commerciale è da considerarsi ingannevole. Sono tanti i casi da Juice Plus a Herbamour in cui influencer o falsi testimonial promuovevano il prodotto in maniera non troppo trasparente.
Su Instagram gli influencer con meno di 10 mila follower ottengono dal pubblico molte più interazioni rispetto ai colleghi più seguiti per il loro rapporto diretto con gli utenti. L’influencer genera codici sconto col software messo a disposizione dall’azienda. Questi codici vengono offerti ai follower come se fossero una “conquista” che l’influencer è riuscito a strappare a favore dei suoi seguaci e non come parte di un accordo commerciale. I vantaggi sono diversi: l’influencer guadagna una percentuale sugli acquisti con codici sconto a suo nome, l’azienda riesce a tracciare le vendite e a valutare così l’abilità dell’influencer come venditore.
L’avv. Marisa Marraffino di IAP si occupa di raccogliere le segnalazioni che arrivano dagli utenti. Quando si parla di integratori, pastiglie , sostituti di pasto è in campo anche la salute oltre che l’efficacia reale del prodotto pubblicizzato. “Quando si promuovono questo tipo di prodotti le parole sono molto importanti e non devono modificare la percezione che il consumatore può avere di quel prodotto, soprattutto se il post non è di natura commerciale e non utilizza gli hashtag”
L’Hashtag o # è stato introdotto per facilitare ma anche controllare il lavoro degli influencer. L’Autorità ha stabilito di inserire nei post, video e storie parole riconoscibili come #pubblicità, #sponsorizzato, #advertising ecc…ai quali far seguire il nome dell’azienda. Ma in molti settori non ha funzionato come si sperava se si pensa che nel settore moda, quello in cui questa pratica “legale” è stata più utilizzata, è presente nel 29,9% dei post. Addirittura solo il 6% in cibo e bevande. Uno dei motivi di questa scarsa resa va ricercato nell’intervento di Luca Macellari Palmieri che da dieci anni lavora come esperto di comunicazione digitale ed è influencer, che ha spiegato i limiti della pratica dell’Hashtag. “Giustissimo regolamentare un mondo come quello della pubblicità sui social ma attenzione, l’algoritmo di Instagram riconosce quando vengono messi hashtag e messaggi che indicano la pubblicità e il post invece che raggiungere tutti i follower ne raggiunge solo il 5-10%. Questo crea grossi problemi con il cliente a livello contrattuale, che si aspetta dei numeri e che invece ne avrà di molto inferiori”.