(Adnkronos) – Più prodotti ‘primo prezzo’ e meno carne e pesce. Così l’inflazione cambia il carrello della spesa degli italiani secondo l’indagine condotta a fine aprile da Altroconsumo su un campione di consumatori di età compresa tra i 25 e 79 anni e presentata in anteprima al Festival del giornalismo alimentare in corso a Torino. Dopo energie e trasporti, infatti, è il cibo la voce più interessata dal caro prezzi con un incremento del 7,6% dei prodotti essenziali da aprile a maggio 2022. E così, a causa dell’impennata dei costi, il 68% degli italiani, percentuale che sale al 75% tra coloro che sono in difficoltà economica, hanno modificato le proprie abitudini alimentari scegliendo prodotti a basso costo, razionando i prodotti nel carrello della spesa e andando meno al ristorante.
Ma se l’inflazione si accanisce maggiormente sulle famiglie a basso reddito, i suoi effetti non risparmiano nessuno. Dall’indagine di Altroconsumo emerge, infatti, che anche tra coloro che si dichiarano benestanti, e quindi non avrebbero alcun bisogno di modificare la lista della spesa, circa il 39% ha rivisto le proprie abitudini alimentari a dimostrazione che l’aumento dei prezzi, la guerra in Ucraina, la crisi energetica, le carenze nelle catene di fornitura generano un clima di sfiducia sulle prospettive future, che però ha effetti immediati: il 62% di tutti gli intervistati a sostenere di aver paura di spendere soldi perché si aspetta che arrivino tempi ancor più difficili.
Per preservare il potere d’acquisto, la strategia a cui si ricorrono più di frequente i consumatori, segnala ancora l’indagine, è privilegiare i prodotti più economici a scapito di quelli delle marche più note. Un italiano su tre (33%) acquista di più prodotti ‘primo prezzo’, cioè con il prezzo a scaffale in assoluto più basso della categoria, alimenti a marchio del supermercato, i cosiddetti ‘private label’, e in generale quelli super-scontati. Ma la conversione dai prodotti più costosi a quelli che lo sono meno non è la sola arma per risparmiare, c’è chi ha iniziato a razionare ciò che mette nel carrello. Il 29% degli intervistati ha dichiarato di aver tagliato cibo e bevande non essenziali, come alcol, dolci, snack salati, mentre un italiano su cinque (21%) ha, invece, cominciato a limitare l’acquisto di carne e pesce. Inoltre, il clima di incertezza continua a spingere gli acquisti di prodotti a lunga conservazione, come cibi in scatola, zucchero, pasta e farina: il 20% ammette di averne acquistato di più negli ultimi mesi.
Alla domanda, poi, se l’aumento sia dovuto a inflazione o speculazione, per la maggioranza degli italiani (il 51%) la guerra in Ucraina è stata il fattore scatenante, perché è proprio a partire dall’invasione russa che hanno cominciato a notare l’aumento dei prezzi sui prodotti alimentari. Alto anche il numero (44%) di chi invece fa risalire l’inizio dei rincari a un periodo anteriore al conflitto. Infine, dall’indagine emerge che i cittadini hanno pochi dubbi sulla presenza nel mercato attuale di fenomeni speculativi: la stragrande maggioranza, il 75% degli intervistati, e’ convinta che i prezzi di alcuni prodotti, non solo di quelli alimentari, siano aumentati nonostante si tratti di merci non direttamente collegate alla crisi.