(Adnkronos) – L’invasione in Ucraina e i nuovi lockdown in Cina hanno nettamente deteriorato l’equilibrio dei rischi per le imprese. Anche se le riserve di liquidità impediranno nel breve periodo una rapida impennata delle insolvenze, Allianz Trade (Gruppo Allianz), leader mondiale nell’assicurazione dei crediti commerciali, prevede un aumento delle insolvenze globali del +10% nel 2022 e del +14% nel 2023, vicino alla crescita dei livelli pre-pandemia.
Le imprese si trovano di nuovo ad affrontare molteplici difficoltà a livello globale, dalle discontinuità prolungate delle catene di approvvigionamento, alle strozzature dei trasporti fino agli alti costi delle materie prime, per arrivare alla carenza soprattutto di energia e delle stesse materie prime e anche di manodopera. Inoltre, devono sostenere costi di finanziamento più elevati, in quanto l’impennata globale dell’inflazione imprime un’accelerazione alla stretta monetaria.
Eppure, Allianz Trade individua tre segnali chiave di resilienza: all’inizio del 2022 la liquidità totale delle imprese quotate in borsa era del 30% superiore, a livello globale, rispetto al 2019; i dati proprietari di Allianz Trade mostrano che il numero delle imprese fragili (ossia quelle che rischiano di andare in default nei prossimi quattro anni in base a redditività, capitalizzazione e copertura degli interessi al 2021) è rimasto contenuto in Europa, in particolare in Italia (7% nel 2021 rispetto all’11% nel 2020) e in Francia (12% rispetto al 15%); infine il periodo di dichiarazione degli utili al 1° trimestre 2022 ha confermato che le società quotate in borsa sono riuscite molto meglio a trasferire i maggiori costi sui prezzi.
“Questi fattori suggeriscono che l’economia globale dovrebbe essere in grado di evitare un’impennata delle insolvenze, almeno nel breve termine. Tuttavia, le imprese dovranno essere attente: la normalizzazione della crescita delle insolvenze globali è già iniziata. In alcuni Paesi ci vorrà qualche anno per tornare ai dati del 2019, ma il rischio di mancati pagamenti è di nuovo alto, sia a livello globale che locale”, spiega Clarisse Kopff, ceo di Allianz Trade.
Allianz Trade individua alcune sacche di fragilità che possono sfociare in un forte rialzo dei livelli di insolvenza sia nel 2022 che nel 2023. Innanzitutto nel 2021 il fabbisogno di capitale circolante è salito soprattutto in Asia (+2 giorni), Europa centrale e orientale (+2 giorni) e America Latina (+2 giorni), in settori come elettrodomestici (+8 giorni), elettronica (+3 giorni) e attrezzature (+2 giorni).
In ultimo, ma non per importanza, l’attuale contesto internazionale ha innescato un calo del potere reale d’acquisto dei consumatori, che potrebbe comportare un altro rischio di impatto negativo per le imprese sotto forma di rallentamento della domanda. Al riguardo, i governi di Francia, Germania e Italia hanno già ampliato gli attuali programmi di disoccupazione parziale e introdotto nuove forme di prestiti garantiti dallo Stato, con possibili ulteriori misure a seconda di quanto durerà la crisi attuale. In questo contesto, Allianz Trade prevede un aumento delle insolvenze globali fra le imprese del +10% nel 2022 e del +14% nel 2023 (rispetto a -12% del 2021).
“Per la prima volta dal 2019, prevediamo che le insolvenze globali riprenderanno a salire nel 2022 e nel 2023, avvicinandosi ai livelli raggiunti nel periodo pre-pandemia. In Francia e in Germania le insolvenze aumenteranno rispettivamente del +15% e +33% nel 2022 e del +4% e +10% nel 2023, ma il numero di casi rimarrà artificialmente basso come conseguenza delle forti misure di sostegno statale, che potrebbero ritardare ancora una volta la normalizzazione delle insolvenze delle imprese”, spiega Maxime Lemerle, responsabile di studi sulle insolvenze di Allianz Trade.
Negli Stati Uniti (+8% nel 2022 e +23% nel 2023), le imprese dovrebbero beneficiare degli ammortizzatori accumulati dopo la pandemia, aiutate dal Paycheck protection program (un programma di protezione salariale) massicciamente trasformato in sussidi e dalla ripresa degli utili. Anche la Cina dovrebbe essere in grado di mantenere sotto controllo le insolvenze (+1% nel 2022, +11% nel 2023), grazie al basso livello di partenza e nonostante una ripresa delle difficoltà per le imprese più coinvolte nel commercio internazionale. Per questi Paesi non si prevede un ritorno del numero di insolvenze ai livelli pre-pandemia né nel 2022 né nel 2023.
“In questa fase, prevediamo che un Paese su tre tornerà ai livelli di insolvenza pre-pandemia nel 2022 e un Paese su due nel 2023. In particolare l’Europa occidentale assisterà ad una doppia tendenza: nel Regno Unito e in Spagna il numero di insolvenze supererà i livelli del 2019 entro la fine di quest’anno, mentre in Italia, Portogallo e nei Paesi nordici la normalizzazione avverrà solo nel 2023”, aggiunge Ana Boata, responsabile di studi economici di Allianz Trade.
In Italia, l’attuale scenario internazionale dovrebbe contribuire ad aumentare il numero di insolvenze, ma ci aspettiamo che il numero rimanga contenuto per l’intero 2022 (9.200 casi), prima che un aumento più tangibile diventi visibile nel 2023, + 16% con 10.700 casi, ovvero leggermente al di sopra del livello pre-pandemia (10.542 insolvenze nel 2019).
Due fattori conterranno le insolvenze a breve termine: i fondamentali aziendali e l’estensione del sostegno statale. Da un lato, le imprese italiane hanno iniziato l’anno con fondamentali societari favorevoli che dovrebbero sostenere la resilienza nel breve termine. Ciò può essere visto nel numero ridotto di imprese fragili (dall’11% al 7% sulla base dei dati finanziari del 2021), nell’alto livello di depositi e nella liquidità delle società quotate (che sono aumentate del +5% a/a nel 2021, superando del +31% il livello pre-pandemia).
D’altra parte, ci aspettiamo che le autorità italiane continuino a sostenere le imprese con misure ad hoc e mirate come hanno fatto durante la pandemia. Recentemente, nel mese di Maggio è stato varato dall’attuale Esecutivo un nuovo pacchetto di incentivi a sostegno delle imprese, in particolare attraverso garanzie pubbliche sui prestiti bancari e una riduzione delle tasse sui prezzi dei carburanti.