Altro che ‘crisi’, l’Italia rischia la rovina totale. Mentre a Bruxelles continuano ad esitare rispetto alla proposta – lanciata da Draghi già prima dell’estate – di fissare un tetto comune ai prezzi delle risorse energetiche, da noi la situazione sta degenerando e, con la probabile chiusura di aziende anche importanti, si profila una crisi occupazionale senza precedenti.
E stamane, attraverso il suo direttore, Mariano Bella, l’ufficio studi di Confcommercio ha lanciato un disperato (e terrorizzante) appello: entro la prima metà del 2023 ben 120.000 imprese sono a rischio chiusura. Come ha tenuto a riferire ancora Bella, “Si tratta di una stima ‘prudenziale: abbiamo preso soltanto le imprese più piccole e solo il 10% più debole e meno redditizio, meno redditivo, di queste imprese produttive. Quindi si tratta di una stima estremamente prudenziale”.
Come si evince ancora dal report stilato dall’Ufficio studi, ”I costi sono fuori controllo, i prezzi alla produzione fanno +21% nei primi 7 mesi del 2022. Ma nei primi sette mesi del 2022 l’inflazione, al netto dell’energia, fa solo il 2,8%. Però questo accade grazia ai margini relativi delle imprese che si assottigliano”.
Dunque, ha spiegato il direttore presentando la congiuntura autunnale. ”Il sistema sta funzionando, ogni anello della filiera, dall’importazione alla produzione, ai grossisti, agli agricoltori, fino ai distributori, sta tenendo su di se un pezzo della maggiore inflazione. Per noi nella media dell’anno avremo un 7,5% di inflazione, con una media dell’anno 2023 al 5%. Queste sono delle valutazioni abbastanza coerenti con quello che pensa anche, sotto sotto, in maniera forse confusa, la Banca centrale europea”.
Per quello che riguarda poi il Pil, ha aggiunto, ”Potrebbe segnare una recessione mite negli ultimi mesi del 2022. ‘I veri problemi potrebbero riguardare il 2023, con un ritorno a una situazione di assenza di crescita, determinata dalla eventuale deviazione delle politiche dal sentiero percorso negli ultimi 18 mesi e dal permanere di impulsi avversi”. Anche perché, osserva Bella, terminata la stagione turistica ”potremmo avere un rallentamento forte dei consumi nella seconda parte dell’anno. Per noi il Pil mensile in termini di variazione congiunturale ad agosto è leggermente negativo, a settembre lo sarà ancora di più“.
E’ vero che nel primo semestre il Pil ha registrato un incremento del 5,5%, ma, spiega il documento redatto dall’ufficio studi ”qualsiasi forecast attorno al 3/3,5% annuo implica un forte rallentamento nel secondo semestre. In termini congiunturali ciò può comportare una moderata recessione (due variazioni percentuali negative consecutive; a nostro avviso di modesta entità)”.
Infine, ha poi concluso il direttore dell’ufficio studi di Confcommercio, “gli indicatori di redditività delle imprese sono letteralmente crollati negli ultimi trimestri, questo anche per sfatare l’altro aspetto mitologico per cui le cose le pagano le famiglie consumatrici e i pensionati. No – termina quindi Bella – il maggiore costo delle bollette energetiche lo sta pagando anche il sistema produttivo”.
Max