“A seguito della nostra indagine approfondita, siamo giunti alla conclusione che due prestiti pubblici del valore complessivo di 900 milioni di € concessi dall’Italia ad Alitalia hanno conferito ad Alitalia un vantaggio sleale rispetto ai suoi concorrenti, in violazione delle norme UE in materia di aiuti di Stato. Essi dovranno quindi essere recuperati dall’Italia presso Alitalia, per contribuire a ripristinare condizioni di parità nel settore europeo dell’aviazione”. Una dichiarazione, quella diffusa dalla Vicepresidente esecutiva responsabile della politica di concorrenza Margrethe Vestager, che ha letteralmente gelato il sangue dei lavoratori dell’ex Compagnia di bandiera tricolore, da lungo tempo rimasti economicamente – e non solo – ‘a piedi’.
Stamane infatti la Commissione Ue ha affermato che i complessivi 900 milioni di euro di prestiti statali concessi nel 2017 dal nostro Paese ad Alitalia, stando ai sensi delle norme europee sono da ritenersi illegali.
Come spiegano da Bruxelles, i due prestiti statali per un importo complessivo di 900 milioni di euro concessi dall’Italia ad Alitalia nel 2017 (in materia di aiuti di Stato), sono illegali. Dunque, che piaccia o meno – oltretutto maggiorati dagli interessi – l’Italia dovrà recuperarli da Alitalia.
Come rimarcato dalla Commissione, non avendo più la possibilità di accedere ai mercati del credito a causa del deterioramento della sua situazione finanziaria, nell’ottobre del 2017 l’Italia ha deciso di concedere alla compagna due prestiti, uno di 600 milioni di euro, e l’altro di 300. Nonostante ciò, ai sensi del diritto fallimentare italiano, Alitalia è poi finita in amministrazione straordinaria. Quindi, a seguire – il 23 aprile 2018 – a seguito di diverse denunce presentate dalle altre compagnie aeree concorrenti, la Commissione ha deciso di avviare un’indagine per stabilire se i prestiti erano da considerarsi conformi o meno alle norme dell’UE in materia di aiuti di Stato.
A far sì che gli aiuti di Stato da parte dell’Italia risultassero illegali ed incompatibili, il fatto che, in materia di aiuti di Stato, ai sensi delle norme dell’UE, possono essere considerati esenti da aiuti di Stato quegli interventi pubblici a vantaggio delle imprese, qualora lo Stato non agisca nelle vesti di pubblica autorità ma, per condizioni di mercato, alla stessa stregua di un investitore privato. Diversamente però, anziché valutare anticipatamente la possibilità di poter usufruire del rimborso dei prestiti (maggiorato degli interessi), nell’acconsentire ad Alitalia i due prestiti, di fatto l’Italia non ha agito alla pari di un investitore privato, non valutando tale eventualità. Infatti, come appurato allora dalla stessa Commissione Ue, a seguito della valutazione dei rendiconti finanziari relativi alla Compagnia di bandiera, è risultato poco credibile che (oltretutto impossibilitata a vendere le sue attività per recuperare i debiti), questi avrebbe poi potuto generare tale liquidità, così da poter essere in grado poi di rimborsare – entro le scadenze previste – i prestiti statali. Constatato quindi che detti ‘aiuti’ non potevano essere autorizzati, proprio perché tali ai fini del salvataggio (e la ristrutturazione), non sono poi stati rimborsati entro i sei mesi trascorsi, il nostro Paese non ha nel frattempo presentato un piano di ristrutturazione, atta al recupero della redditività di Alitalia, per altro nemmeno liquidata, diversamente da come invece prevedono gli orientamenti.
Accertato quindi che, rispetto alle compagnie aeree concorrenti, i due prestiti hanno rappresentato per Alitalia ‘un vantaggio economico sleale’, ecco dimostrata da parte della Commissione l’incompatibilità degli aiuti di Stato. Dunque l’Italia deve ora recuperare dalla Compagnia 900 milioni di euro di ‘aiuti di Stato illegali’, per di più maggiorato degli interessi.
Come ha commentato in merito alla vicenda la vice presidente Ue, Margrethe Vestager, “le decisioni assunte da Alitalia sono importanti per aiutare a ripristinare l’equità nel settore dell’aviazione civile assicurando la connettività dell’Italia e la protezione dei diritti dei consumatori. Questo è particolarmente importante per un settore duramente colpito dalla pandemia del coronavirus“.
Max