A un’ennesima estate di sangue – 20 donne uccise negli ultimi mesi di cui 5 nel Lazio – non è seguita una risposta immediata, in termini di impegno politico e mobilitazione delle coscienze.
Una volta di più pensiamo che dalla Regione Lazio possa e debba partire un segnale per tutta Italia.
L’ottima legge ispirata dalla Convenzione di Istanbul e approvata dal Consiglio regionale nello scorso marzo deve fare da modello a tutto il territorio nazionale. A partire dalla sua traduzione concreta, che vedrà la luce in queste settimane – con l’istituzione dell’osservatorio contro la violenza, l’avvio della cabina di regia, la definizione delle linee guida sui servizi anti-violenza – quella norma deve diventare un’apripista per dare risposte strutturali, complessive e trasversali alle donne e anche agli uomini della nostra Regione.
Nessuna conquista è scontata, nessun diritto è per sempre. Pensare che il fenomeno del femmincidio sia stato debellato soltanto perché siamo riusciti a dargli finalmente un nome sarebbe un errore gravissimo che non possiamo permetterci.