Conoscono il valore minimo di zucchero nel sangue, al di sotto del quale si parla di ipoglicemia (70 mg/dL), ma quasi la metà lo controlla solo saltuariamente o addirittura mai prima di uscire di casa. Hanno sempre con sé l’occorrente di base per gestire un’improvvisa crisi ipoglicemica (caramelle, zucchero, bevande) ma in quasi l’80% dei casi dimenticano il glucagone, l’unica risorsa efficace per far fronte alle forme severe. Sono alcune indicazioni che emergono da un’indagine online sulla gestione dell’ipoglicemia condotta su un campione di quasi 600 pazienti diabetici e caregiver nell’ambito di ‘Ipoglicemia. Non farti sorprendere’, campagna d’informazione e sensibilizzazione promossa da Diabete Italia Onlus e Portale diabete con il patrocinio di Amd (Associazione medici diabetologi), Sid (Società italiana di diabetologia) e Siedp (Società italiana di endocrinologia e diabetologia pediatrica), con il supporto di Lilly.
L’indagine, presentata oggi nel corso di un web social talk che ha coinvolto specialisti, pazienti e caregiver, evidenzia tra una quota rilevante di pazienti diabetici una conoscenza non ancora adeguata o una sottovalutazione dell’ipoglicemia, la più importante complicanza acuta del diabete di tipo 1 e 2, un rapido abbassamento dei livelli di zucchero nel sangue che, se non gestito con rapidità ed efficacia, può portare alla perdita di coscienza e al coma. Molto dipende dall’informazione e dalla prontezza del paziente e di chi gli è vicino, sottolineano gli esperti.
Aiutare i pazienti e caregiver a riconoscere per tempo i segnali dell’ipoglicemia, intervenire subito con la somministrazione di zucchero nelle forme lievi e nelle forme severe somministrare il glucagone, per via sottocutanea o intramuscolare e a breve in spray nasale, è l’obiettivo della campagna, in corso da circa 12 mesi.
“I risultati della survey evidenziano l’importanza di una campagna come ‘Ipoglicemia. Non farti sorprendere’. Confermano che tuttora – dichiara Rita Stara, membro del Comitato Diabete Italia Onlus e presidente Federazione diabete Emilia-Romagna – almeno un terzo delle persone con diabete, non ha un buon controllo della malattia e la metà di questi non ne ha consapevolezza. Tutto questo ci mette di fronte a una realtà: non si parla abbastanza di diabete e di ipoglicemia, fattore di rischio ampiamente sottovalutato. Disarmante poi il dato secondo cui l’80% dei pazienti non porta con sé il glucagone perché se ne dimentica o addirittura non lo conosce. E’, quindi, urgente proseguire con interventi capillari di informazione reiterati nel tempo per sopperire a questo grande vuoto e bisogno di conoscenza”.
L’esatto valore sotto il quale si possono manifestare i sintomi di una ipoglicemia è sconosciuto a oltre il 27% del campione, esposto così a un rischio maggiore di farsi sorprendere dall’ipoglicemia. “Se è confortante il dato che la maggioranza del campione sappia che il valore sotto al quale può verificarsi un episodio ipoglicemico è 70 mg/dL, preoccupa invece la quota di pazienti che ignorano questo dato e anche di quelli che non conoscono il valore soglia dell’ipoglicemia grave, inferiore ai 50 mg/dL – sottolinea Daniela D’Onofrio, direttrice Portale Diabete – Sicuramente è incoraggiante che oltre il 70% dei pazienti diabetici porti con sé l’occorrente per gestire la crisi ipoglicemia, che sia zolletta di zucchero, caramelle, succo di frutta; ma non dobbiamo dimenticarci di quel 18,6% che mai o quasi mai ha con sé queste risorse adducendo motivi come: ‘dimenticanza’, ‘non lo ritengo necessario’, ‘non mi è mai capitato’. Una crisi ipoglicemica può capitare in qualunque momento e all’improvviso e non bisogna lasciarsi sorprendere. Colpisce, invece, positivamente la maggiore consapevolezza dei più giovani tra i diabetici. Nel complesso, si avverte una forte necessità di informazione anche su problematiche di gestione quotidiana del diabete, che solo campagne di sensibilizzazione come ‘Ipoglicemia. Non farti sorprendere’ possono soddisfare”.
Il 73% del campione ha sperimentato un episodio ipoglicemico fuori dal contesto domestico: a scuola, a lavoro o durante l’attività fisica. Oltre la metà del campione (57,5%) prima di uscire di casa – emerge dall’indagine – controlla il valore della glicemia, ma l’altra metà circa lo fa solo ogni tanto, quasi mai o mai. Il dato evidenzia una scarsa percezione del rischio di ipoglicemia e delle sue conseguenze.
“Ancora troppe persone non hanno nozione di quale sia la soglia che definisce l’ipoglicemia e non portano con sé l’occorrente per intervenire subito in caso di calo repentino e improvviso del glucosio – afferma Enzo Bonora, professore ordinario di Endocrinologia all’Università degli Studi di Verona – È utopistico pensare che chi è intorno a una persona con diabete sappia cosa fare in caso di ipoglicemia severa con perdita di coscienza. Vanno addestrati parenti, amici, compagni di lavoro e di svago a cercare il glucagone nelle tasche o nello zaino e a somministrarlo in modo tempestivo, perché l’ipoglicemia può essere direttamente o indirettamente fatale. Vorrei aggiungere che il problema dell’ipoglicemia severa è largamente negletto e questo è preoccupante visto che in Italia circa un milione di persone è in trattamento con insulina e circa un altro milione assume farmaci non insulinici che possono causare ipoglicemia”.
Il 17,4% di coloro che hanno risposto al questionario frequenta la scuola. Nella maggior parte dei casi (94%) insegnanti e compagni sono al corrente della condizione diabetica e saprebbero cosa fare in caso di ipoglicemia severa (74,2%). Inoltre, il 76,8% lascia a scuola l’occorrente per gestire una improvvisa ipoglicemia. Quanto agli adulti diabetici, solo il 47,2% del campione lavora e sul luogo di lavoro solo nel 50% dei casi sanno della malattia diabetica; oltretutto solo la metà dei colleghi di lavoro saprebbero come intervenire in caso di ipoglicemia.
“L’indagine è senza dubbio molto utile e interessante perché pone l’accento sulle ipoglicemie e sul rischio di ipoglicemia che rappresenta una problematica molto sentita dai genitori dei pazienti pediatrici – spiega Riccardo Schiaffini, pediatra diabetologo ospedale pediatrico Bambino Gesù di Roma – È molto importante, quando si parla di ipoglicemia, coinvolgere tutti i caregiver, non solo quelli della famiglia ma anche dell’ambiente scolastico e ludico-sportivo che il ragazzo frequenta. Sicuramente, i giovanissimi sono più attrezzati ed educati anche perché sono molto seguiti dai genitori, un pochino questa capacità si perde con l’adolescenza che pone molti altri problemi, sebbene non si perda la consapevolezza da parte del giovane della propria malattia. Per ovviare a questo problema il team medico di presa in carico deve coinvolgere, oltre al pediatra diabetologo, il nutrizionista, lo psicologo e in parte tutto il nucleo familiare”.