Agguato moschee matrice anti islamica

Agguato moschee matrice anti islamica:
non c’è alcun dubbio circa la natura delle motivazioni da cui
discendono gli attentati. Il primo allarme circa la strage
neozelandese nella quale sono morte 49 persone è arrivato dalla
moschea di Al Noor: lì vi erano almeno 300 persone raccolte nella
preghiera del venerdì. I killer hanno prima attaccato la sezione
maschile e poi si sono spostati nella sala preghiere femminile. In
seguito l’assalto alla moschea di Masjid nel sobborgo di Linwood.
La dinamica del secondo attacco è ancora controversa: i killer pare
abbiano usato delle auto cariche di esplosivi.


Agguato moschee matrice anti islamica.
Prima della strage manifesto social di 87 pagine anti immigrati e
musulmani



“Il ritrovamento di esplosivi
ha dichiarato il commissario di polizia neozelandese, Mike Bush,
“sottolinea la gravità dell’attacco”. Fra gli scampati ci
sono anche gli atleti della nazionale di cricket del Bangladesh che
stavano aspettando dei compagni di squadra in ritardo in un parco.
Sono riusciti a fuggire tutti illesi: ma il match di sabato con la
nazionale neozelandese è stato comunque cancellato. Zero dubbi sul
fatto che matrice dell’attacco è il razzismo anti islamico. Poco
prima della strage sui social era infatti apparso un manifesto di 87
pagine “antiimmigrati e anti-musulmani”, poi cancellato. A
mostrare ancora più terribile l’episodio, è la comparsa, in un
tweet postato da uno terroristi di una lista di eventi storici e di
nomi di assassini di migranti scritti su alcuni caricatori di armi
automatiche, dove compare anche quello dell’italiano Luca Traini, che
nel 2018 provò una strage di migranti a Macerata ferendo sei
persone. “Sono sconcertato” ha detto Giancarlo
Giulianielli, il legale di Traini. “Sono certo che anche Luca
condannerà la strage. Ha rivisto il suo gesto e lo ha stigmatizzato
in pubblico”.


Il live della strage trasmesso su
Facebook, ma poi rapidamente ritirato dalla rete, sta tuttavia ancora
circolando. La polizia della Nuova Zelanda ha “esortato con
forza” media e popolazione a non condividere quei 17 minuti di
sangue girati e postati da uno dei killer. “La polizia della
Nuova Zelanda ci aveva allertato relativamente al video su Facebook
poco dopo l’inizio dello streaming live e noi abbiamo velocemente
rimosso sia il video e sia gli account Facebook e Instagram
dell’attentatore”, ha precisato la Garlik.