«Non c’è nulla da mangiare e siamo in 21 sotto i teli.» Queste le parole drammatiche che arrivano all’agenzia Associated Press da Gerusalemme. 1,8 milioni di sfollati interni sono andati verso sud perché lì la situazione è invivibile. Hanno seguito le vie per fuggire ordinate dall’esercito israeliano.
Anche gli ospedali sono al collasso. «È l’inferno sulla Terra», dice Philippe Lazzarini che dirige l’Unrwa, l’agenzia delle Nazioni Unite per i rifugiati palestinesi. Ancor più grave è la situazione del sistema fognario che in questi giorni di guerra sta cedendo. Questo causa la diffusione di malattie e gli israeliani lo sanno bene perché hanno intercettato virus nelle analisi del sangue degli ostaggi che sono stati messi in libertà.
È di ieri il bilancio dei morti a Gaza che sale a 17.997. lo ha comunicato il ministero della Sanità gestito da Hamas parlando delle vittime dall’inizio della guerra. D’altronde Israele non riuscirà a recuperare nessuno degli ostaggi finché non ci si impegni in colloqui parlando, però, di accordi di scambio mirato. “Diciamo agli israeliani che Netanyahu, Gallant e altri membri del gabinetto di guerra non possono riportare indietro i loro prigionieri senza negoziati. L’ultima uccisione di un prigioniero che hanno cercato di riprendere con la forza lo dimostra”, ha detto Abu Obaida.
Netanyahu invece si rivolge ai miliziani di Hamas: “È l’inizio della fine di Hamas. Ai terroristi io dico che è finita, non morite per Sinwar, arrendetevi adesso.” Negli ultimi giorni molti terroristi si sono arresi e hanno gettato le armi.