“Con il referendum tenutosi in questi giorni in fabbrica, i lavoratori dell’ex Ilva di Taranto hanno espresso la volontà che il governo intervenga per assicurare una prospettiva industriale, ambientalmente compatibile, che garantisca il lavoro.
Dopo oltre 10 anni di sofferenze e incertezze diciamo basta alla cassa integrazione e agli interventi estemporanei con cui si sprecano denari pubblici senza alcuna certezza di futuro”.
Lo dichiarano Guglielmo Gambardella e Davide Sperti, rispettivamente segretario nazionale Uilm per la siderurgia e segretario responsabile Uilm Taranto, a margine dell’iniziativa sindacale odierna di Uilm, Fiom e Usb tenutasi a Montecitorio presso la Commissione Ambiente Territori e Lavori Pubblici.
“Il governo in carica – aggiungono – deve decidere adesso come dare discontinuità alla cattiva gestione di un asset strategico per il nostro sistema manufatturiero e per l’economia dell’intera provincia di Taranto assumendo la gestione del Gruppo. Non è più accettabile l’instabilità e l’incertezza determinata dalla continua rinegoziazione di patti tra Stato ed ArcelorMittal sulla governance dell’ex Ilva, continuando a lasciare la gestione a Mittal; non sono accettabili i piani industriali disattesi, gli accordi sindacali non rispettati, i licenziamenti nelle ditte di appalto”.
“La gestione Mittal – sottolineano Gambardella e Sperti – ha prodotto debiti, più cassa integrazione per migliaia di lavoratori, ormai quasi 5mila in modo stabile oltre a quelli dell’indotto, e meno produzione di acciaio, neanche 3 milioni di tonnellate rispetto ai potenziali 8 milioni, soprattutto nei periodi in cui il mercato ne richiedeva ancora di più e tutti gli altri produttori di acciaio hanno fatto profitti”.
“Ci auguriamo – spiegano – che la documentazione sull’ex Ilva consegnata oggi a Montecitorio a tutte le forze politiche possa essere presa in seria considerazione dal governo, in quanto espressione di oltre 20mila lavoratori che al tempo stesso rappresentano cittadini e un tessuto sociale che contribuisce alla creazione di ricchezza per il nostro Paese in territori importanti come quelle di Taranto, Genova e Novi Ligure”.
“Nell’incontro del 19 gennaio – concludono i sindacalisti – in concomitanza con lo sciopero nelle fabbriche e nell’indotto, ribadiremo al ministro Urso le istanze dei lavoratori e chiederemo un progetto industriale serio e definitivo, che assicuri l’ambiente e il lavoro. Un progetto che dia la possibilità ai sindacati di contribuire al rilancio dell’azienda, come già fatto con l’accordo del 6 settembre 2018, in armonia con le necessità dei cittadini di Taranto. I lavoratori hanno confermato ancora una volta di non volersi rassegnare a una gestione che inevitabilmente senza l’intervento diretto dello Stato porterà alla chiusura delle fabbriche”.
Max