“Snowville” è il nome del negozio temporaneo di Shein, la famosa catena di abbigliamento, accessori e prodotti per la casa, che sarà presente alla Mostra d’Oltremare di Napoli dal 3 all’11 dicembre 2024. Si tratta del più grande pop-up store realizzato dal colosso cinese del fast fashion, non un semplice punto vendita ma una vera e propria “esperienza immersiva” dedicata al Natale.
Lo scorso anno Shein approdò a Roma, sempre in vista del Natale, con l’obiettivo di attrarre i consumatori alla ricerca di regali a prezzi bassi. Chi non coglierebbe l’occasione di fare shopping natalizio spendendo poco e accontentando tutti, amici e familiari, con un regalo per Natale? Si sa, dicembre è un mese di spese e quando si può risparmiare nessuno si tira indietro.
Non vogliamo rovinare il vostro spirito del Natale, ma ci basta darvi anche solo 5 buoni motivi per non acquistare su Shein, che sia online o attraverso questa nuova trovata pubbblicitaria per incrementare, sotto Natale, le vendite dell’azienda.
L’azienda cinese Shein è stata fondata nel 2008, ed è una delle piattaforme di moda più cliccate al mondo. La sua strategia “vincente” si fonda sul modello di business del fast fashion, la moda veloce. Le aziende hanno iniziato a produrre un numero sempre maggiore di collezioni, con l’obiettivo di realizzare prodotti di tendenza e di renderli disponibili al consumatore nel minor tempo possibile, minimizzando i costi. Il basso costo del prodotto spinge il consumatore ad acquisiti sempre più frequenti, senza pensare a ciò di cui ha realmente bisogno. Si innesca così un circolo vizioso, alimentato soprattutto dallo shopping online e dalla possibilità di resi, tutte attività da fare con un semplice click.
Perchè non acquistare da Shein e da altri brand di fast fashion a Natale (e non solo)?
1)Scarsa qualità. Le aziende produttrici utilizzano materiali economici e tecniche di produzione a basso costo al fine di massimizzare i profitti. I capi di abbigliamento si consumano rapidamente creando un circolo vizioso in cui i consumatori sono costretti a ricomprare capi di abbigliamento più spesso, alimentando così il ciclo di produzione e il consumo insostenibile;
2)Sfruttamento dei lavoratori. Chi paga realmente il prezzo dei nostri acquisti low cost su Shein? I lavoratori. Tredici dipendenti di sei fabbriche che riforniscono Shein hanno dichiarato di lavorare più di dodici ore al giorno, sei o sette giorni a settimana e solo un giorno libero al mese. A dirlo l’ultima inchiesta di Public Eye. A questo si aggiungono casi di lavoro minorile;
3)Impatto ambientale. Un’indagine di Greenpeace ha rivelato che ogni settimana circa 15 mln di abiti usati inquinano il Ghana. Il rapporto “Fast Fashion, Slow Poison: The Toxic Textile Crisis in Ghana” è un’altra testimonianza dell’impatto devastante degli indumenti usati dal Nord del mondo, quasi tutti capi di fast fashion, su ambiente, comunità ed ecosistemi nello Stato dell’Africa occidentale.
4)Sostanze tossiche. Un recente test della rivista tedesca dei consumatori Oko-Test ha rivelato la presenza di sostanze pericolose come piombo, cadmio e ftalati, vietati in diversi capi di abbigliamento, e trovati anche in quelli per bambini. Già nel 2022 l’organizzazione ambientalista Greenpeace, nel rapporto “Taking the Shine off SHEIN: A business model based on hazardous chemicals and environmental destruction”, aveva riscontrato la presenza di sostanze chimiche pericolose nel 15% dei prodotti analizzati;
5)Emissioni CO2. La rapida ascesa di rivenditori di e-commerce fast fashion come Shein e Temu, sta intasando il settore globale del trasporto aereo di merci. I due colossi cinesi sono sempre più in competizione per garantire rapidità nelle consegne ai propri consumatori. Shein e Temu insieme inviano quasi 600.000 pacchi negli Stati Uniti ogni giorno e spediscono quasi tutti i prodotti direttamente dalle fabbriche del paese asiatico indirizzandoli a clienti in tutto il mondo.
In questo magazine di TeleAmbiente vi spieghiamo il lato oscuro della moda usa e getta.
Ecco 5 documentari che vi consigliamo di vedere sul tema fast fashion.
Tra gli ultimi documentari c’è anche “Buy Now! The Shopping Conspiracy”, il documentario di Netflix sullo shopping compulsivo, sulle tecniche manipolative delle aziende e sugli impatti ambientali legati agli sprechi del fast fashion.
L’articolo A Napoli il pop-up natalizio di Shein. Ecco 5 buoni motivi per non andarci proviene da Notizie da TeleAmbiente TV News.