Joseph Biden, l’ex vicepresidente di Barack Obama, probabilmente sarà il candidato democratico che sfiderà il presidente repubblicano Donald Trump alle presidenziali di novembre. Dopo aver stravinto il Super Tuesday del 3 marzo, dove votarono ben 14 Stati, ieri Biden ha incassato un altro successo in cinque dei sei Stati in cui si votava, tra cui il Michigan, che assegnava il più alto numero dei delegati della tornata elettorale (125 su un totale di 352). Il suo rivale Bernie Sanders, senatore del Vermont, ha vinto solo in North Dakota, lo Stato con meno delegati in palio (14).
Un riepilogo di queste primarie
Eppure Joe Biden era partito malissimo. Nei primi tre Stati chiamati alle urne, Iowa, New Hampshire e Nevada, non era andato oltre la terza posizione, conquistando pochissimi delegati da portare alla convention estiva e il soprannome, datogli da Trump, di “Sleepy Joe”. Come il titolo di una canzone degli Herman’s Hermits degli anni sessanta. Trump, Biden e Sanders non sono candidati giovanissimi (il più giovane, Trump, ha 73 anni).
Sanders invece era partito fortissimo. Dopo gli ottimi risultati in Iowa e New Hampshire, aveva trionfato in Nevada e dato vita a quella rivoluzione “sandersiana” che aspettava da una vita, bloccata sul nascere dal partito democratico nel 2016, quando a sfidarlo alle primarie era Hillary Clinton.
Qualcosa è andato storto
Ma Biden e Sanders non erano i soli candidati a correre in queste primarie. Anzi, sono state le primarie più ingarbugliate di sempre. Ci sono stati Pete Buttigieg, Amy Klobuchar, Michael Bloomberg, Elizabeth Warren e molti altri. I primi due nel mese di febbraio hanno rappresentato delle vere rivelazioni, non sfigurando in alcun Stato dove hanno partecipato. Cosa è successo poi? Buttigieg e Klobuchar hanno deciso di appoggiare Biden poco prima del Super Tuesday, indirizzando il loro elettorato moderato verso un unico candidato. Bloomberg, dopo aver speso mezzo miliardo solo per il super martedì, ha fatto lo stesso. La Warren invece, nonostante i pessimi (e inaspettati) risultati ha deciso di non decidere. Si è ritirata senza dare appoggio a Sanders, nonostante le molte idee politiche in comune tra i due. Forse una scelta (del partito) di fare fuori Sanders? Probabile. Più del 60% degli elettori democratici, riporta il New York Times, vuole un candidato in grado di battere Trump. Sanders è un politico radicale, divisivo, la cui visione democratico-socialista della politica non trova negli Stati Uniti terreno fertile. Biden è un prodotto puro dell’establishment. Moderato, rassicurante, aggregante. Nel senso che può strappare voti anche tra i repubblicani scontenti di Trump, per intenderci.
Sanders è fuori dai giochi?
Apparentemente può farcela. I dati dicono che Biden ha ottenuto 993 delegati, Sanders 777. In totale i delegati assegnati sono 1911 (sommando anche quelli dei ritirati). Vince il candidato che alla convention estiva del partito prende la maggioranza assoluta, ovvero 1991 delegati su 3979. Manca ancora più del 50% dei delegati da assegnare. Ma è difficile che il senatore del Vermont riesca a colmare il divario con Biden e rientrare in gara. Un quadro più preciso della situazione sarà possibile già dal 17 marzo, data in cui si voterà in Florida, Illinois, Ohio e Arizona. Stati che mettono in palio 577 delegati in totale. Sanders è dato favorito solo in Arizona, dove è molto forte la comunità ispanica che lo sostiene. Ma a livello nazionale non gode dell’appoggio di quella afroamericana, fondamentale sia per ottenere la nomination sia per diventare presidente.
Emergenza coronavirus
Come fa notare Il Post, la diffusione del coronavirus negli Stati Uniti inciderà sulle primarie del Partito democratico. I candidati hanno già annullato vari comizi in programma negli Stati in cui si vota la prossima settimana e il dibattito televisivo previsto a Phoenix, in Arizona, per il 15 marzo, si terrà senza pubblico. In Florida, Illinois, Ohio e Arizona i casi totali di coronavirus sono circa cinquanta.
Cosa dicono i sondaggi
I sondaggi di FiveThirtyEight prevedono che Biden sarà al 99% il candidato che sfiderà Trump.
Mario Bonito