Il voto in New Hampshire ha consacrato Bernie Sanders come nuovo front runner nella corsa alla nomination del partito democratico per le elezioni presidenziali degli Stati Uniti d’America, previste il prossimo 3 novembre. Dopo la vittoria nel Granite State è dato in testa nei sondaggi nazionali e con il vento in poppa per il proseguimento della campagna elettorale. Solo a gennaio ha raccolto 25 milioni di dollari nel fundraising. “Abbiamo appena vinto le primarie del New Hampshire – ha esultato Bernie – quello che abbiamo fatto qui non è nulla di meno dell’inizio di una rivoluzione politica. Grazie a questa vittoria vinceremo anche le prossime”.
Con il 25.7% delle preferenze (75348 voti) il senatore del Vermont è ancora, dopo i caucus in Iowa, il candidato più premiato dal voto popolare. Nel piccolo Stato del mid-west però, a causa del particolare sistema di voto, aveva ottenuto due delegati in meno rispetto a Pete Buttigieg.
Proprio major Pete è il secondo vincitore di queste primarie in New Hampshire. Spinto dall’inaspettato successo in Iowa, l’ex sindaco di South Bend ha ottenuto il 24.5% delle preferenze. Solo l’1.2% in meno di Sanders. E pensare che solo ieri i sondaggi lo davano sotto di 7 punti percentuali. “Avete scelto una nuova era di sfide con una nuova generazione di leader”, ha affermato Pete davanti ai suoi sostenitori. E per il momento i numeri sono dalla sua: con i 9 conquistati in New Hampshire, gli stessi di Sanders, ha ancora la maggioranza dei delegati da portare alla national convention di luglio, uno in più del rivale “socialista”.
Exploit anche per la senatrice del Minnesota Amy Klobuchar. Meno di una settimana fa era in forse se proseguire o meno la sua corsa per la nomination, oggi con il 19.8% dei voti è la terza e ultima candidata a portare a casa qualche delegato. Ben sei: un numero incredibile se si pensa che ieri i sondaggi di RealClearPolitcs la davano all’11% circa. La senatrice è stata brava a indirizzare dalla sua parte i voti degli indecisi. Secondo i sondaggi infatti il suo elettorato si è contraddistinto per aver deciso all’ultimo per chi votare. Alla faccia di chi dice che i dibattitti televisivi, il bello della politica USA, non servono più a nulla.
Elizabeth Warren, senatrice del Massachusetts, vola in Nevada con il 9.3% dei voti e zero candidati ottenuti. Un pessimo risultato al di sotto delle aspettative, ancora più amaro in quanto senatrice di uno Stato limitrofo al New Hampshire. Eppure la Warren era data tra i candidati favoriti nella corsa alla nomination, ma ora la sua luce sembra offuscata da Sanders. Le primarie in Nevada e South Carolina saranno per lei un’ultima spiaggia: se dovesse fallire ancora sarà costretta a ritirarsi e sostenere il compagno Bernie nelle primarie più divisive e bellicose di sempre.
Joe Biden. Male, malissimo. L’aveva detto dopo la batosta in Iowa, ma non basta a giustificare il fallimento. Solo l’8.4% delle preferenze in New Hampshire, zero delegati conquistati, quinto candidato tra i democratici. Da ieri neanche più in testa nei sondaggi nazionali. Il suo ruolo di moderato all’interno del partito sembra essere stato occupato da Buttigieg e Klobuchar; troppo stretti in tre in una sedia. E al Super Tuesday del 3 marzo arriva Michael Bloomberg…
Ma l’ex vicepresidente di Barack Obama non si è dato per vinto: “La mia gara non è finita, siamo solo all’inizio, la comunità afroamericana e ispanica non si è ancora espressa”, ha tuonato dal South Carolina (scappando dal New Hampshire ad urne ancora aperte). I suoi riflettori sono tutti puntati sulle prossime primarie previste il 22 e il 29 febbraio.
L’imprenditore Andrew Yang e il senatore del Colorado Michael Bennet hanno invece annunciato il ritiro della propria candidatura. Inizia a sfoltirsi il numero di candidati democratici, vedremo da che parte penderà l’ago della bilancia.
Mario Bonito