Ieri il presidente degli Stati Uniti Donald Trump ha rilanciato “la soluzione dei due Stati” per risolvere la questione israeliana-palestinese.
Cosa prevede il piano
Nel corso di una conferenza stampa congiunta con il primo ministro israeliano Benjamin Netanyahu alla Casa Bianca, Trump ha annunciato il suo piano di pace per il Medio Oriente. Definito dal tycoon come “il più dettagliato di sempre”, il piano consiste in un documento di 80 pagine (di cui 30 di progetti economici per i palestinesi) che prevede la creazione di due Stati con Gerusalemme capitale indivisa d’Israele. Lo Stato ebraico potrà conservare gli insediamenti in Cisgiordania, volgarmente dette colonie, conquistati nella guerra dei sei giorni del 1967 (circa il 30% del territorio).
Allo stesso tempo ai palestinesi viene garantita la possibilità di stabilire la propria capitale nei quartieri Est di Gerusalemme; nel caso di accordo tra le parti, gli Stati Uniti apriranno lì l’ambasciata. A Israele sarà vietato progettare nuovi insediamenti per quattro anni nel territorio palestinese, al quale dovrà fare concessioni nell’area meridionale al confine con l’Egitto. Il piano di pace prevede inoltre investimenti per 50 milioni di dollari a favore dei palestinesi per migliorare welfare, sanità e infrastrutture. In particolare verrà costruito un tunnel tra i territori palestinesi di Gaza e Cisgiordania affinché, secondo Trump, “nessuno venga sradicato dalle proprie abitazioni”.
Il piano prevede però una Palestina “smilitarizzata”. Nessun esercito a protezione dei palestinesi (solo una forza di polizia) e confini protetti dall’esercito israeliano.
Si tratta “dell’accordo del secolo” secondo Trump, capace di garantire una “coesistenza pacifica” tra i due Stati e una grande opportunità per i palestinesi di creare un loro Stato.
Il rifiuto palestinese
Ahmed Aboul Gheit, segretario generale della Lega Araba, ha condannato il piano Usa, definendolo una “grande violazione dei diritti palestinesi”. Il presidente dell’Autorità nazionale palestinese Mahmoud Abbas, noto come Abu Mazen, ha dichiarato che “Gerusalemme non è in vendita”. Dello stesso avviso il portavoce di Hamas, Sami Abi Zuhri, che ha rivendicato all’agenzia Reuters “Gerusalemme terra palestinese”. Bocciature nette anche da Iran, Turchia e Giordania; apertura ai negoziati solo da Egitto, Arabia Saudita ed Emirati Arabi.
Un piano che secondo molti difficilmente verrà accettato dai palestinesi, ai quali vengono garantiti quattro anni di tempo per negoziare. Le difficoltà sono tante e la speranza è che non sia solo propaganda elettorale in vista delle elezioni israeliane del 2 marzo e statunitensi del 3 novembre.