“Manteniamo la nostra identità, manteniamo ciò che di buono abbiamo costruito e non acceleriamo il processo di istituzionalizzazione di questo movimento, perché abbiamo dimostrato che si può fare politica in maniera lenta e presente sui territori, senza dover per forza presentarsi alle elezioni. Partendo da questi punti, troviamo la nostra identità. Una volta trovata la nostra identità, sarà più facile capire che strada prendere perché non è detto che si debba per forza rimanere sempre nelle strade. Ma non è assolutamente detto che bisogna partecipare a un processo di rifondazione del centrosinistra“.
Mattia Santori, uno dei quattro fondatori del movimento dalle Sardine, ha raccontato davanti ai microfoni di Radio Capital il ‘work in progress’ di questa nuova ‘onda’ trasversale che sta scuotendo il Paese. Pur, non negando, seppur con i tempi ‘giusti’, che sta arrivando l’istituzionalizzazione del movimento il quale, per ovvi motivi non può però certo prescindere dall’avvento delle regionali emiliane: “per noi fondamentale – spiega Santori – è che c’è un problema di tempismo: noi stiamo preparando un grande evento a Bologna, una festa della pluralità; poi c’è l’appuntamento delle elezioni in Emilia-Romagna, che per noi è importante, e un nostro momento di ritrovo a inizio marzo in cui dovremmo definire chi siamo, dove vogliamo andare, che strumenti vogliamo usare”.
“Zingaretti dice bene usando il termine approdo”
Ovviamente le Sardine, così come quelle marine, fanno gola, e l’invito espresso loro da Zingaretti non è certo caduto nel vuoto: “Zingaretti l’ha detta giusta: offriamo un approdo a chi non ce l’ha – spiega il leader – È vero che noi non abbiamo un approdo e fa bene la politica a proporne. Noi ascoltiamo, osserviamo, ragioniamo, ma questo non significa che ogni approdo proposto vada bene. Abbiamo osservato una serie di dati di fatto. Innanzitutto, il Pd si sta mettendo in discussione, come altre forze di sinistra. Il secondo punto che osservo è che nelle Sardine l’offerta del Pd fa riflettere, fra chi è aperto e chi è molto diffidente, e questo è un bene, perché aprirsi e dialogare fa bene”.
“Più che un congresso il nostro sarà un bilancio”
Ma Fabrizio ha delle remore a definire ‘congresso’ questo fare il punto della situazione, che lui preferisce definire come “la buffa storia di mettere insieme gente laica e gente che viene da militanza politica: per me che sono laico, ‘congresso’ è una bella parola, mentre spaventa chi ha fatto politica. Quello che faremo a marzo chiamiamolo ‘bilancio’“.
Max