Il generale dell’autoproclamato esercito nazionale Khalifa Haftar ha rifiutato il cessate il fuoco proposto da Erdogan e Putin nel corso dell’incontro di mercoledì scorso. Il diniego è stato annunciato da Ahmed al-Mismari, portavoce dell’esercito di Bengasi: “Ringraziamo la Russia per il sostegno ma non possiamo smettere di combattere il terrorismo”. Ha poi aggiunto: “Non si può creare uno Stato civile senza l’annientamento totale di queste formazioni. Questi gruppi si sono impadroniti della capitale e godono dell’appoggio di alcuni stati che forniscono loro droni”. Un riferimento diretto alla Turchia.
Non è chiaro se quella di Haftar sia una scelta strategica. Il cessate il fuoco avanzato da Russia e Turchia è fissato per domenica. È probabile che l’uomo forte della Cirenaica voglia arrivare alla tregua in una posizione di forza.
Il conflitto non si ferma
Sul campo continuano gli scontri. Dall’inizio della settimana le città più colpite sono state Tripoli, Misurata e Sirte, città natale di Gheddafi, conquistata lunedì scorso da Haftar grazie al tradimento dei salafiti della brigata 604, poi ripresa dalle forze governative. Oggi il conflitto è ad Abu Grein, dove le milizie di Fayez al-Sarraj combattono per arginare l’avanzata via terra di Haftar.
Solo ieri il Consiglio presidenziale del governo di accordo nazionale aveva accolto “con favore qualsiasi appello alla ripresa del processo politico e ad allontanare la ripresa della guerra”.
Il ruolo dell’Italia
Nel frattempo il ministro degli esteri turco Mevlut Cavusoglu chiama Di Maio e si congratula “per l’intenso lavoro che sta svolgendo l’Italia, unico paese Ue presente sul terreno e che ha autentico interesse alla stabilità”.
Di Maio telefona anche il collega tedesco Heiko Maas. Compattezza, visione unitaria europea e conferenza di Berlino: questi gli obiettivi primari. E il 16 gennaio il ministro degli esteri è atteso alla Camera per un’informativa urgente sulla situazione in Iran, Iraq e Libia.
Mario Bonito