E’ proprio vero, come recita un antico ed ovviamente saggio proverbio, che quello del genitore è senza dubbio ‘il mestiere più difficile del mondo’.
Se una volta ci si amava, si sceglieva di sposarsi e, di conseguenza, di mettere al mondo i figli, oggi è tutto completamente ribaltato. I rapporti di coppia, complici le mille ‘distrazioni’ (per lo più tecnologiche) oggi sono molto più labili, meno legati ad obiettivi da raggiungere insieme e, anche laddove le intenzioni sono le migliori, si deve misurare con il problema della casa, del lavoro… insomma, la genitorialità diviene quasi un’esperienza ‘marginale’, l’ultimo step di percorso sempre più complicato.
Ovviamente le persone più responsabili, volente o meno, salvo ‘sorprese’, hanno imparato a dover fare i conti con la realtà prima di intraprendere ogni qualche passo in più. Con la crisi economica dilagante infatti, a mettere al mondo dei figli fa rizzare i capelli. Così si giunge alla bellissima esperienza genitoriale tardi e, spesso, per ovvi motivi, difficilmente si tende a ‘replicare’.
Ma anche qui, sebbene ci si muova una dimensione di ‘sensatezza’, sotto certi aspetti non va bene comunque o, almeno, si può incorrere il ‘rischio’ di incrementare “Un Paese di figli unici, spesso soli e iper-protetti”.
Calo natalità, una conseguenza responsabile
Ne è convinto l’esperto Italo Farnetani, pediatra milanese e docente alla Libera Università Ludes di Malta il quale, è stato chiamato dall’agenzia di stampa AdnKronos Salute a commentare i recenti dati Istat sulla natalità. Un report dove si spiega che, nel 2018, rispetto all’anno precedente sono nati 18mila bimbi in meno. Un trend inquietante, confermato anche da quest’ultimo semestre. Ebbene, secondo l’esperto, “La diminuzione della natalità riflette l’andamento dell’economia reale, pertanto non ci dobbiamo stupire di questo trend negativo. Ho sempre interpretato come segno di maturità da parte dei genitori quello di intraprendere una gravidanza in modo consapevole, cioè quando possono garantire ai figli un una crescita idonea e sicura“. Certo però, aggiunge Farnetani, “questo continuo calo della natalità tende ad incrementare già nell’immediato futuro il numero dei figli unici, fenomeno favorito anche dall’innalzamento dell’età della prima gravidanza per le madri, con la riduzione successiva dell’arco di anni in età fertile“.
La solitudine è sempre dietro l’angolo
Entrando nello specifico, osserva il pediatra milanese – un bimbo nato da una coppia di genitori ‘maturi’ “presenta alcuni rischi: spesso è infatti circondato da una maggiore attenzione da parte di madri e padri”, in quanto non coinvolti o ‘distratti’ da fratelli e sorelle. “In questi casi è elevato il rischio che si trasformino in genitori molto protettivi, e che riducano il loro ruolo educativo per l’impossibilità, proprio come avviene nel genitore protettivo, di mettere i limiti adeguati. Nello stesso momento, soprattutto nei primi anni di vita, quando sarebbe maggiore la relazione con i familiari e in primo luogo con i fratelli, un figlio unico passa molte ore della giornata da solo, con una minor quantità di stimoli e interazioni con i coetanei. Questo problema della solitudine – commenta infine Farnetani – è accentuato nella società contemporanea dall’insicurezza percepita o reale dell’ambiente esterno, che costringe i bambini a non potersi muovere liberamente fuori casa, passeggiare al parco, incontrare gli amichetti, fare piccole commissioni”.
Un quadro per certi versi inquietante, che predispone ad una futura solitudine, ed infatti il pediatra annuisce: “una prospettiva che deve far riflettere”.
Max