Onestamente ce lo aspettavamo. Con l’economia al palo ed il conseguente – ulteriore – distanziamento tra il Pil ed il debito pubblico, di crescita manco a parlarne. Così, puntuale, da Bruxelles ecco il taglio alle stime di crescita da parte della Commissione Ue. Dunque, al nostro bel Paese tocca ancora una volta l’umiliante ultimo posto in Europa. Come vedremo infatti le ‘proiezioni’ ci assicurano altri 3 anni di ‘passione’ tuttavia, giusto per consolarci, il fatto che dopo di noi si attesta la Germania (che se tutto andrà bene toccherà a fine triennio il +0,4%).
Nel dettaglio, stando alle previsione Ue, quest’anno l’Italia (con un punto percentuale sotto la media), dovrebbe crescere dello 0,1% rispetto allo 0,4% il prossimo anno (mentre l’Eurozona si attestera’ sull’1,2%) e, nel 2021 toccheremo un +0,7% sul +1,2%.
L’Italia è ‘assillata’ dalla bassa crescita
Inutile girarci intorno più di tanto: la crescita del debito pubblico, segue un rialzo proporzionale alla ‘pigrizia’ di un Pil che, dal 134,8% del 2018 precedentemente stimato, per la Commissione quest’anno salirà al 136,2% passando poi al 136,8% (2020), e al 137,4% (2021). Il Paese, scrive ancora Bruxelles,”fatica a sfuggire alla depressione da bassa crescita“. In generale, aggiunge, l’economia italiana, “si è fermata all’inizio del 2018 e non mostra ancora alcun segno di ripresa significativa. Nel 2020 la crescita dovrebbe riprendere in maniera modesta, sulla scorta di una domanda estera in ascesa e una moderata spesa delle famiglie, anche se la seconda dovrebbe essere in parte frenata da un mercato del lavoro che si andrà indebolendo“.
Altra nota dolente: la disoccupazione
Se nell’Eurozona è previsto un calo generale (nel 2019 al 7,6% mentre nel 2021 scenderà al 7,3%), purtroppo in Italia la disoccupazione dovrebbe rimanere stabile al 10%, almeno fino al 2021. Ad oggi infatti, osserva la Commissione Ue, “il mercato del lavoro è rimasto resiliente davanti al rallentamento dell’economia; tuttavia, gli ultimi dati indicano un deterioramento, che probabilmente spingerà i datori di lavoro a tagliare posti o a ricorrere a forme di lavoro temporaneo, come indica il crescente numero di lavoratori coperti dalla Cassa Integrazione Guadagni”. Da un simile contesto se ne deduce quindi che sia da ritenere “improbabile che il tasso di disoccupazione cali”, in ragione del fatto che”, si legge, “il reddito di cittadinanza probabilmente spingerà più persone a registrarsi ufficialmente come disoccupate”.
Positivi gli effetti della manovra del 2019
Con le stime di crescita al ribasso, comunque ‘spalmate’ su tutti i paesi, Valdis Dombrovskis, vicepresidente della Commissione Europea, ha invitato “tutti i Paesi Ue con alti livelli di debito pubblico a perseguire politiche di bilancio prudenti e a porre il loro livello di debito su una traiettoria discendente. D’altro canto, gli Stati membri che hanno spazio di bilancio dovrebbero usarlo adesso”.
E nel generale taglio di punti percentuali, è vero che l’Italia – così come per il 2018 – anche quest’anno dovrebbe avere un deficit nominale al 2,2% del Pil nel 2019, ma è anche vero che per il prossimo anno dovrebbe salire prima al 2,3%, e poi al 2,7% nel 2021. Secondo le previsioni stilate da Bruxelles, nel corso dell’anno le entrate del governo “dovrebbero beneficiare di un mercato del lavoro resiliente e di alcuni cambiamenti al regime fiscale introdotti con la manovra del 2019. Nel frattempo, gli sviluppi negativi sui mercati finanziari nel 2018 (in conseguenza dei bassi corsi dei titoli,ndr) hanno frenato gli introiti fiscali legati ai capital gain”.
Quota 100 e Rdc ‘peseranno’ nel 2020
Dunque, per quel che riguarda la spesa pubblica, si legge ancora, “è prevista in crescita, dopo l’introduzione di uno schema di reddito minimo e di alcune norme che ampliano le possibilità di pensionamento anticipato”. Il motivo per il quale, secondo le stime, il deficit nel 2020 arriverà al 2,3% è presto detto: perché sia Quota 110 che il Reddito di cittadinanza “inizieranno a mostrare pienamente il loro costo annuo a partire dal 2020, aumentando la spesa pubblica”. Le proiezioni includono “il rinnovo dei contratti del pubblico impiego per il 2019-2021”, che dovrebbe essere concluso entro fine 2020, “aumentando la spesa per salari nel 2020”.
Gli ‘aiutini’ dalle clausole di salvaguardia
Insomma, per ‘far quadrare’ la situazione, sono e saranno molte le ‘accortezze’ da mettere in campo, cercando allo stesso di tempo di non andare ‘a togliere troppa sabbia da una parte a favore di un’altra’, rischiando così di far crollare l’intero castello.
Pescando all’interno delle cosiddette clausole di salvaguardia, attraverso una revisione delle spese – per circa un miliardo di euro – spiega l’analisi stilata dalla Commissione Ue, “aiuterà a contenere l’aumento della spesa”. Se poi sul gettito peseranno sia l’abbassamento delle tasse sul lavoro che il già previsto indebolimento del mercato del lavoro, ecco correre in aiuto “la revisione delle imposte ambientali”, ed altre tipo la fatturazione elettronica, tra le “misure adottate in passato contro le frodi fiscali”. Stesso motivo per il quale, in conseguenza delle misure antifrode previste nella manovra 2020, dovrebbe bastare a “sostenere il gettito”, nonostante “l’incertezza” derivante dai relativi proventi. Ad esempio, nel 2021, in virtù delle misure “previste nella manovra 2020”, il deficit dovrebbe salire ancora, toccando il 2,7%, proprio per effetto della “riduzione ulteriore del cuneo fiscale sul lavoro, ed un maggiore sostegno agli investimenti pubblici e privati”. Ovviamente, spiega ancora la relazione, alla luce delle precedenti esperienze passate, “la previsione non include l’aumento delle aliquote Iva già legislato come clausola di salvaguardia per il 2021”. Dunque, l’unico dato positivo, il miglioramento del deficit strutturale, previsto al 2,2% (2019), dal 2,4% (2018), 2,5% (2020) e, infine al 2,9% (2021).
Max