Stoccate letterarie sul palco di Capalbio Libri tra il manager Chicco Testa, capalbiese di adozione, e Andrea Zandomeneghi, autore capalbiese DOC che ha ambientato proprio in una frazione del suo territorio, Borgo Carige, il suo primo romanzo, “Il giorno della nutria” (Tunué), già passato in rassegna con encomi da parte di numerose firme del nostro giornalismo nazionale.
Lo scontro, “coordinato” da un’altra capalbiese, la sceneggiatrice, Roberta Colombo, verteva sull’eccessivo uso, nel libro, di un vocabolario adoperato altamente incomprensibile: troppe citazioni letterarie, menzioni intellettive che in realtà sono frutto di un’elaborata analisi intrinseca al personaggio coltivata dalla sterminata produzione immaginifica di Zandomeneghi, che comunque, alla provocazione, ha maturato una risposta spiazzante ma pregna di una sua cifra stilistica: “il mio – ha replicato – è un “naturalismo sordido” che scaturisce da una “diarrea dell’intelletto” per descrivere l’atteggiamento compulsivo-ossessivo del protagonista, uomo dai mille difetti (tra alcool, sesso e droghe) eppur dotato di meccanismi cerebrali superiori alla norma perché in continuo vomito di pensiero, a causa di una cefalea cronica”.
Questa la trama: Davide vive col nipote e la madre, malata di Parkinson e invocante l’eutanasia. Il giorno seguente l’ennesima ubriacatura assieme al prete del paese e al figlio della badante della madre, si sveglia con gravi postumi; mentre tenta di placarli con psicofarmaci e altro alcol, rinviene una nutria spellata e congelata sul pianerottolo, a mo’ di intimidazione. Sulla base di congetture, presagi, coincidenze e suggestioni, Davide opera ricostruzioni ossessive che lo portano, nel corso di una sola giornata sempre più vorticosa, a dubitare di tutte le persone che ha intorno, fino a scoprire la verità – anche su se stesso e sulle sue nevrosi.
Per Zandomeneghi nessun fatto nel libro ha corrispondenza col reale e con personali esperienze soggettive (tranne una seduta spiritica ben descritta nel libro alla quale ha assistito in prima persona), benché alcune sue esperienze biografiche siano state costruite intorno alla figura del primario personaggio maschile. L’ossessione, fil rouge di tutto il romanzo, si rivela come un continuo assedio di preoccupazioni di ogni tipo e sensi di colpa da cui il ragazzo tenta di liberarsi (senza mai riuscire). La sua – secondo l’autore – è un’incapacità di vivere la vita vera senza schemi interpretativi intellettuali, quasi fosse (e in questo concorda anche Chicco Testa) uno “stream of consciousness” in cui tempo e spazio fluttuano in un presente-passato-futuro che li unisce. Una trama che dura meno di 24 ore, proprio come nella tradizioni di certi autori russi di cui Zandomeneghi è fan, “Il giorno della nutria” è un giallo al contrario che ribalta tutti i cliché sulla provincia italiana e rivela un nuovo, esplosivo esordio letterario.
M.