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Aspromonte, la fiaba ‘dolcemara’ di Calopresti

“Il Sud è da sempre luogo geografico e luogo dell’anima. Inferno e paradiso, cronaca e favola. Così è questo film. Africo è in Europa, e ci ricorda cosa, solo un secolo fa, poteva essere la nostra terra, ma in quanto Sud assomiglia nei suoi sogni e nelle sue sconfitte, più che al nostro continente, a tutti i luoghi ai margini del mondo. Ancora vivi, ancora presenti, ancora disperatamente alla ricerca di un futuro, alle porte dell’Europa”.

Dice bene il regista Mimmo Calopresti presentando il suo nuovo film, ‘Aspromonte – La terra degli ultimi‘ (la cui anteprima è prevista per il 2 luglio in quel del Teatro Antico di Taormina, per il Film Fest), quando parla di una terra controversa e ‘dolcemara’ dove può accadere l’impossibile, così come mai verificarsi il possibile.

Il regista, affiancato da un cast di ottimi attori (da Francesco Colella a Sergio Rubini, da Valeria Bruni Tedeschi a Marcello Fonte e Marco Leonardi), senza ‘entrare’ troppo a piedi pari in una cultura sedimentata da secoli di chiusura all’altro, intesse una sorta di favola a sfondo moralistico che, come promette da sempre la migliore commedia all’italiana, il riscatto prende forma dalle nostre coscienze e dalla reale volontà di cambiare le cose. Anche se poi, c’è purtroppo da dire, la realtà è ben diversa e spesso opportunamente ‘decodificata’ da terzi.

Scritto dallo stesso regista a quattro mani con la Monica Zapelli de ‘I cento Passi‘ (dal romanzo di Pietro Criaco ‘Via dall’Aspromonte’), la macchina da ripresa tonra agli anni Cinquanta, portandoci all’interno di questa remota società rurale, priva di tutto ma, soprattutto dei servizi sociali più essenziali. Africo deve quindi passare attraverso una disgrazia per realizzare quanto e come i suoi ‘genuini’ abitanti siano totalmente ‘sconosciuti’ alle istituzioni.

Una giovane muore di parto: le strade sono bianche e malridotte, ed il medico arriva troppo tardi. Pressato, il sindaco promette l’arrivo di un medico stabile, e gli stessi cittadini, scioccati dall’accaduto decidono spontaneamente di lavorare tutti insieme alla percorribilità della strada d’accesso al paese. La maestrina ne è entusiasta (“se Africo entrerà nel mondo grazie alla strada, i ragazzi dovranno conoscerlo prima, imparando a leggere e a scrivere”), ma così come accade ancora oggi – non solo in Calabria, intendiamoci – questa forma di ‘apertura’ ad altri non piace a ‘qualcuno’. Chi ha interessi, loschi, da difendere, non gradisce certo di vivere in un luogo facilmente raggiungibile e dunque a rischio ‘contaminazione’ (dalla cultura, alle forze dell’ordine… Il film virerà dunque nell’inevitabile – dura – disputa tra ‘buoni e cattivi’. Da proiettare comunque nelle scuole a prescindere….
Max