Lucano, il verdetto della Cassazione su caso Riace

    Per la Cassazione non vi sono prove di condotta fraudolenta per il sindaco Domenico Lucano, sospeso dalla carica di primo cittadino di Riace. Questo il verdetto odierno in merito alla vicenda che ha investito Lucano, che dunque non avrebbe posto in essere, materialmente, alcuna azione volta ad indirizzare l’assegnazione di servizi a due cooperative specifiche, come ad esempio quello della nettezza urbana. Secondo la Corte, infatti, tali decisioni così come gli affidamenti sarebbero stati formalizzati con “collegialità” e con i “prescritti pareri di regolarità tecnica e contabile da parte dei rispettivi responsabili del servizio interessato”. 

    Riace, per la Cassazione non ci sono prove di frode per Lucano

    A questo punto è lecito aspettarsi che stia per terminare il provvedimento di divieto di dimora a Riace per il sindaco Lucano, dopo che la Cassazione si è espressa con le sue motivazioni in merito all’udienza di fine febbraio. Lucano, sindaco del paese divenuto la bandiera del “sistema Riace” nell’ottica dell’accoglienza dei migranti, era stato sottoposto a misura cautelare il 16 ottobre dello scorso anno, su disposizione del Tribunale della libertà di Reggio Calabria, nell’ambito dell’inchiesta della Procura di Locri.
    La Cassazione va a modificare la situazione del sindaco, con una decisione che chiude la questione a doppia mandata. Infatti, non soltanto mancano le supposte operazioni ambigue e opache per quanto riguarda l’affidamento dei servizi alle cooperative L’Aquilone e Ecoriace, ma addirittura, secondo la legge, è lecito affidare direttamente gli appalti alle coop sociali che hanno come fine “l’inserimento lavorativo delle persone svantaggiate” purché gli importi del servizio siano “inferiori alla soglia comunitaria”. Secondo gli ’ermellini’, invece, permangono elementi di “gravità indiziaria” del fatto che Lucano abbia favorito la permanenza in Italia della sua compagna Lemlem, anche se nella circostanza il rapporto sentimentale fra le due parti, e la fedina penale pulita del sindaco, dovrebbero pendere a favore dell’annullamento del divieto di dimora. Infatti, in base alla Corte Lucano si sarebbe impegnato ad aiutare solo la sua compagna, considerando che il riferimento a “presunti matrimoni di comodo” che sarebbero stati “favoriti” dal sindaco, tra immigrati e concittadini, “poggia sulle incerte basi di un quadro di riferimento fattuale non solo sfornito di significativi e precisi elementi di riscontro ma, addirittura, escluso da qualsiasi contestazione formalmente elevata in sede cautelare”.