Nel 1918 nasceva il regista svedese Ingmar Bergman. Centenario, quello di Ingmar Bergman, rispolverato dalla ri-edizione de Il settimo sigillo restaurato e che rivive grazie alla mostra, Dietro lo specchio, alla bibliomediateca “Mario Gromo” del Museo nazionale del cinema di Torino (fino al 21 dicembre), organizzata dal Fondo Sergio Sablich. Unimmensa raccolta dellopera di Ingmar Bergman, comprendente 920 saggi e 1000 periodici trascritti in tutte le lingue, un mix di programmi di sala degli spettacoli, pressbook, ritagli di giornale, schede e locandine, 290 file video, circa 100 dvd. Inoltre una serie di sei film, di solito poco conosciuti, degli anni50, da Unestate damore( 1951) agli insolitamente, ma sconvolgenti Una lezione damore (1954), Sogni di una notte destate (1955) e Locchio del diavolo (1960), coi quali Bergman si riserva un posto donore nellOlimpo del cinema di sempre. Non tanti titoli, se si pensa al rango dellomaggiato e lassai ambito raggiungimento del centenario, il secolo. Ma rivalutando bene, Bergman – che pure in Italia si è guadagnato fin da metà Cinquanta larga fortuna di consensi, rammentando alla avventuriera, seminale produzione di Guido Aristarco sul celebre magazine Cinema Nuovo, e di lì anche di pubblico – è talmente grande da risultargli piccoli le frontiere, peraltro spesso strette, dellanniversaristica trionfante. La grande masssa magari non sa chi sia stato Sergio Sablich. Ce lo testimoniano le due grandi passioni della sua purtroppo breve annata, conclusa nel 2005 a 53 anni. La musica classica, coltivata con dedizione assoluta e appartata imposta dalla volontà di diventare musicologo (va forse citato che un musicologo ha competenze storiche, estetiche e tecniche ugualia quelle dun direttore dorchestra o un compositore), e larte di Ingmar Bergman. Cinema, chiaramente, ma anche teatro, tv e i radiodrammi, ambiti poco consociuti, nei quali però il regista ha fatto visita con le ben note regolarità e abbondanza, coniugate nei soliti eccezionali risultati.