Attraverso una incredibile collaborazione di un gruppo di ricercatori della Scuola superiore SantAnna di Pisa, dellÉcole Polytechnique Fédérale de Lausanne (Epfl), delluniversità di Friburgo e della Fondazione Policlinico universitario Gemelli Irccs di Roma, anche in Italia arriva il primo trapianto di mano bionica che imita il tatto. La tecnologia e la scienza sono dunque sempre più vicine alla realizzazione di protesi di mano in grado di replicare larto umano. “Per la prima volta ho percepito la protesi come un naturale prolungamento del mio corpo e non come una parte esterna” ha detto Loredana Puglisi, la donna che, con unaltra paziente, Almerina Mascarello ha sperimentato il nuovo impianto di mano bionica. “Riuscire a sentire di nuovo sensazioni in un arto fantasma ha continuato la paziente ovvero in una mano che non cè più è un passo importante verso lo sviluppo di protesi davvero funzionali”.
Il lavoro, pubblicato su Neuron, è il risultato di uno studio internazionale che ha sviluppato un codice in grado di trasmettere per la prima volta ai nervi del braccio amputato tutta la varietà di percezioni che avrebbe ricevuto dai neuroni tattili della propria mano e, quindi, di comunicare le informazioni utili per il movimento in modo estremamente naturale. Lutilizzo del codice “permette di avere una maggiore sensibilità quando la mano robotica entra in contatto con un oggetto di qualsiasi dimensione, superando i limiti sensoriali delle protesi tradizionali”, sottolineano i ricercatori.
“Negli anni sono state sviluppate soluzioni per restituire informazioni tattili a persone con arto amputato prosegue lanalisi Tuttavia, le informazioni che esse trasmettono risultano lontane da quelle della mano umana, in termini di naturalezza ed efficacia Lo studio dovrebbe essere la soluzione a questo importante problema clinico e scientifico. La ricerca apre infatti nuovi scenari nello sviluppo delle protesi artificiali e sulla loro capacità di recuperare il più possibile la naturalezza dellarto mancante”. Attraverso un approccio interdisciplinare, che integra pratiche derivanti dalla neuroingegneria, dalla neurologia clinica e dalla robotica, grazie a simulazioni matematiche del comportamento dei neuroni, “è stato possibile accertare che un paziente riesce a ricevere informazioni più naturali ed efficaci – suggeriscono i ricercatori – stimolando il nervo periferico con informazioni molto simili a quelle che i sensori delle dita naturali fornirebbero in situazioni normali”.
“In questo lavoro scientifico non siamo partiti dalla mano robotica – spiega Giacomo Valle, studente di dottorato alla Scuola superiore SantAnna e prima firma della pubblicazione – ma dalla sorgente dellinformazione tattile, cercando di riprodurre in modo più accurato possibile la dinamica dei neuroni nelle dita nel momento in cui una mano tocca un oggetto. Così abbiamo trasmesso al sistema nervoso del paziente un segnale che è stato subito riconosciuto come naturale”.
Quello compiuto dai ricercatori e oggetto della pubblicazione su Neuron, appare come un passo significativo verso una protesi di mano ancora più simile a quella naturale, perché – per la prima volta – si tengono in considerazione tutti gli aspetti della percezione tattile. Inoltre, il codice sviluppato dagli autori dello studio potrà essere applicato a tutti i modelli di protesi, garantendo la sensibilità delle percezioni e lefficacia dei movimenti.
“I nostri risultati – commenta Silvestro Micera, docente di bioingegneria allistituto di BioRobotica della Scuola superiore SantAnna e titolare della cattedra Bertarelli in Neuroingegneria traslazionale allEpfl – permetteranno di avere protesi di mano che siano allo stesso tempo efficaci e utilizzabili in modo naturale e non avvertite come un corpo estraneo. Ciò aumenterà in maniera significativa limpatto clinico di queste tecnologie”.
“La nostra mano ci permette sottolinea Paolo Maria Rossini, direttore Neuroscienze Fondazione Policlinico universitario Gemelli Irccs di Roma – di esplorare lambiente attorno alla nostra persona e di interagire con esso. Ci permette di colpire duro o di accarezzare. Ci permette di suonare una tastiera o di sollevare un pesantissimo bilanciere. Tutta questa varietà di azioni (e mille altre) è possibile anche grazie al feedback sensoriale che ogni movimento e contatto con un oggetto invia al nostro sistema nervoso. Perdere linformazione sensoriale è come vivere in un mondo senza colori e senza contrasti di chiaro/scuro. Riacquisire la sensorialità è motivo, per una persona amputata, di sentirsi nuovamente padrone e signore dellambiente che lo circonda”.
Lo studio è stato portato avanti nellambito del progetto Nebias, finanziato dalla Commissione europea e coordinato dalla Scuola superiore SantAnna di Pisa, istituzione che si occupa da quasi due decenni di protesi di mano sensibili nellambito di progetti su scala nazionale ed europea.