IL PARA’ DELLA FOLGORE SCIERI SUBI UN’AGGRESSIONE PRIMA DI PRECIPITARE

    E’ stato un lavoro complesso e lunghissimo ma la Commissione parlamentare di inchiesta sulla morte del paracadutista della caserma ’Gamerra’ della ’Folgore’, Emanuele Scieri (rinvenuto senza vita il 16 agosto del 1999, ai piedi della torretta dell’asciugatoio dei paracadute), ha finalmente una spiegazione ’logica’: “Gli elementi da noi riscontrati consentono di escludere categoricamente la tesi del suicidio o di una prova di forza alla quale si voleva sottoporre Emanuele Scieri scalando la torretta, tesi che nel ’99 la catena di comando della Folgore suggerirono alla magistratura”. In particolare, nella relazione conclusiva presentata stamane e votata all’unanimità, Sofia Amoddio, presidente dell’organismo parlamentare, ha sottolineato che “la consulenza cinematica di tecnici specializzati ha accertato che la presenza di una delle scarpe dello Scieri ritrovata troppo distante dal cadavere, la ferita sul dorso del piede sinistro e sul polpaccio sinistro sono del tutto incompatibili con una caduta dalla scala e mostrano chiaramente che Scieri è stato aggredito prima di salire sulla scaletta. “La commissione – ha inoltre denunciato la deputata dem – ha fatto emergere le falle e le distorsioni di un sistema disciplinare fuori controllo ed ha rintracciato elementi di responsabilità depositandoli presso la Procura della Repubblica di Pisa. Il quadro delle dinamiche all’interno della caserma all’epoca della morte di Emanuele Scieri ha messo in evidenza una altissima, sorprendente tolleranza verso comportamenti di nonnismo, nettamente in contrasto con i regolamenti militari vigenti, il carattere diffuso e noto di comportamenti trasgressivi e l’esistenza di una sorta di disciplina parallela, legata non ai regolamenti formali ma ai concetti di consuetudine e tradizione”. Oggi finalmente la verità, spiega ancor la presidente, grazie a un “un lavoro puntale ed approfondito – acquisite quasi seimila pagine di documenti e 45 audizioni – che ha portato la Procura di Pisa a riaprire le indagini sul caso. Intrecciando quelli acquisiti nel 1999 dalla magistratura con nuovi elementi, la Commissione ha accertato che alla Gamerra avvenivano gravi atti di violenza, non riconducibili a semplice goliardia”. La Amoddio ha anche tenuto a puntualizzare che “dall’amministrazione della Difesa sono state assicurate collaborazione e disponibilità, così come dagli attuali vertici militari della Caserma Gamerra di Pisa e della Brigata Folgore”. Nell’ambito del lavoro parlamentare sono inoltre emersi “errori grossolani e responsabilità evidenti riguardano il contrappello della sera del 13 agosto 1999 quando i militari addetti, pur avendo saputo da alcuni commilitoni dello scaglione di Scieri che Emanuele quella sera era rientrato in caserma, non annotarono le informazioni ricevute nel rapportino della sera e liquidarono l’assenza di Scieri consegnando all’ufficiale di picchetto il rapporto con la dicitura ’mancato rientro’ anziché ’non presente al contrappello’. Uno degli aspetti più clamorosi della vicenda, infine – ha aggiunto la deputata dem – riguarda la superficialità di molti aspetti delle indagini. I tabulati con le chiamate pervenute al telefono di Scieri dal 13 al 16 agosto 1999 non vennero mai acquisiti e pertanto non è possibile riscontrare se il 14 – 15 e 16 agosto 1999 dalla caserma Gamerra furono effettuate ricerche telefoniche al cellulare di Scieri. Dalle audizioni degli stessi carabinieri che effettuarono i rilievi, apprendiamo che intervennero tre nuclei diversi dell’Arma dei Carabinieri e che le operazioni di rilevamento presero avvio in assenza del pm e senza la presenza dei Ris. Il cadavere di Scieri fu manipolato per estrarre dal marsupio il telefono cellulare del ragazzo e risalire al suo numero di telefono. Tutto ciò che abbiamo acquisito – ha poi aggiunto la Amoddio concludendo – è stato inviato alla Procura della Repubblica e speriamo che il nostro lavoro posso restituire verità e giustizia alla memoria di Emanuele, alla sua famiglia e alla democrazie del nostro Paese”.
    M.