In Italia, oltre un milione di persone vive con scompenso cardiaco, una malattia cronica in costante aumento. Si prevede che circa un anziano su quattro svilupperà questa patologia, che rappresenta la principale causa di ospedalizzazione tra gli over 65 a livello globale. Nonostante le nuove cure promettenti, la loro adozione rimane limitata. Oggi e domani, una convention nazionale dei centri Anmco a Milano riunisce esperti per discutere delle innovazioni terapeutiche e delle migliori strategie di implementazione.
Lo scompenso cardiaco è una condizione che si aggrava con l’età, con tassi di mortalità preoccupanti: circa il 3-5% dei pazienti muore in ospedale, percentuale che sale al 25% entro il primo anno e al 50% entro tre anni. Le cause principali sono la cardiopatia ischemica e le patologie del muscolo cardiaco, mentre i casi si suddividono principalmente in due categorie: scompenso a funzione ridotta e scompenso a funzione preservata. Quest’ultimo, fino a qualche anno fa, era privo di opzioni terapeutiche efficaci per ridurre la mortalità e le ospedalizzazioni, nonostante il rischio elevato.
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Negli ultimi anni, la ricerca ha reso disponibili nuovi trattamenti farmacologici e non, che promettono di cambiare l’approccio alla gestione del scompenso cardiaco. Alcuni di questi farmaci hanno dimostrato la loro efficacia in studi clinici, migliorando significativamente la qualità della vita dei pazienti e riducendo le ospedalizzazioni. Tuttavia, il contesto reale presenta difficoltà: molte terapie innovative rimangono di nicchia o si scontrano con problemi di implementazione e dati clinici ancora limitati. La diffusione di questi trattamenti è dunque rallentata, con un impatto negativo sulle possibilità di cura.
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Oggi e domani, la convention nazionale Anmco di Milano riunisce cardiologi, specialisti e operatori sanitari che si occupano di scompenso cardiaco. L’obiettivo è analizzare le terapie più recenti e discutere le migliori strategie per integrare i nuovi trattamenti nei percorsi di cura. La manifestazione mira a ottimizzare la gestione clinica e organizzativa della malattia, una sindrome che comporta pesanti conseguenze non solo per i pazienti ma anche per il sistema sanitario, sia in termini prognostici che economici.
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