Ancora non c’è nulla di certo, fatto è però che l’incubo razionamento idrico (complice il gran caldo e la beffa che vada a discapito di quanti nemmeno possono permetersi una vacanza), è vissuto dai romani come la peggiore delle sciagure. Ma nel momento in cui dovesse invece avverarsi ’la peggiore’ delle ipotesi, i romani che acqua avrebbero? E’ quello che l’agenzia di stampa AdnKronos ha ivlto al docente universitario Catello Masullo, ed ingegnere idraulico: “Arrivare a razionare l’acqua a Roma sarebbe uno smacco perché non è mai successo – edordisce subito il tecnico – Gli acquedotti oggi sono dei veri colabrodo, perché non viene fatta manutenzione e non si investe. Se una persona turna l’acqua, i tubi si svuotano. Quando ciò accade i tubi vanno in depressione e iniziano a succhiare l’acqua che si trova nel terreno circostante”. Il più delle volte, spiega Masullo, questo perché vi sono dei buchi dai quali oggi esce l’acqua potabile, e dunque, osserva, “la garanzia igienica di un acquedotto è data dal fatto che l’acqua è in pressione, ossia che nel tubo esercita una certa pressione, che è quella che la fa risalire nei palazzi, in questa maniera l’acqua può uscire dall’acquedotto ma non rientrare”. Considerato che di contro, l’acqua che spesso ’circonda’ le tubature è sporca ed inquinata, con le turnazioni (aprendo e chiudendo le condote), “per la prima volta esisterà la possibilità concreta che i tubi vadano in depressione, succhiando dentro acqua sporca, e potrebbe essere pericoloso”. Dunque le alternative, come ribadisce ancora l’ingegnere, sono pressoché rare: è fondamentale, raccomanda, che la rete di Roma “venga mantenuta sempre in pressione con l’acqua necessaria”.
M.