(Adnkronos) – Minacce, insulti, pressioni online che possono diventare un vero incubo e un pericolo concreto, a scuola e non solo. Il cyberbullismo cresce insieme al tempo, sempre più dilatato, trascorso sul web da giovani e giovanissimi. Per il Concy (Centro nazionale cyberbullismo), un ragazzo su quattro in Italia tra 11 e 17 anni è stato coinvolto in episodi in rete. “Rispetto al bullismo, che c’è sempre stato, nel fenomeno ‘digitale’ si riscontra maggiore rabbia, aggressività, mancanza di empatia. E si abbassa l’età: prima il bullo aveva dai 14 ai 16 anni. Ora si inizia già alle elementari, tra i 7 e gli 8 anni”. A ricordare i dati all’Adnkronos Salute è il pediatra Pietro Ferrara, referente della Società italiana di pediatria (Sip) per l’abuso e il maltrattamento, in occasione della Giornata mondiale per la sicurezza in rete (Safer Internet Day), che si celebra oggi e che è stata istituita e promossa dalla Commissione Europea.
Il cyberbullo, spiega l’esperto, “è molto spesso un bambino o un adolescente che mette in atto prevaricazioni, spesso rafforzato dal gruppo dei bulli gregari (o bulli passivi) che online sono rappresentati da tutti quelli che contribuiscono a diffondere le offese, le discriminazioni o che semplicemente, anche solo con un ‘like’, confermano il cyberbullo nel suo comportamento”. Sul web, continua Ferrara, “i ragazzi si sentono ancora più forti pensando che la rete garantisca loro l’anonimato. La distanza fisica creata dallo schermo riduce l’empatia, e quindi la capacità di comprendere lo stato d’animo della vittima, amplificandone le conseguenze. Questa forma di bullismo può sfuggire di più agli adulti, vista la generale maggiore competenza tecnologica dei ragazzi rispetto ai genitori”.
Le denunce alla polizia postale per reati connessi al cyberbullismo a danno di minori – evidenzia la Sip – sono cresciute del 65% in due anni. Ciò che preoccupa è anche l’età sempre più bassa sia delle vittime sia dei cyberbulli, basti pensare che il 70% degli under 14 è presente sui social.
Il consiglio principale per i genitori è quello di “non distrarsi” quando i più piccoli usano smartphone e tablet. “Troppo spesso mamme e papà lasciano inconsapevolmente nelle mani dei bambini, anche piccoli, smartphone e tablet, usati come ‘tate’, pacificatori o compagni di gioco. E’ un errore da evitare”, sottolinea Ferrara. La presenza di un adulto durante l’utilizzo, infatti, “può favorire il processo di regolazione delle emozioni, contribuendo a prevenire casi di bullismo precoce”. Attenzione poi ad alcune ‘spie’: “I bambini che non provano empatia, non sanno chiedere aiuto, presentano un’emotività incontrollata, sono a maggior rischio di sviluppare dinamiche offensive. Così pure bambini che vedono in rete contenuti violenti (su cui involontariamente approdano smanettando sul cellulare di mamma e papà) spesso non riescono a distinguere tra realtà e finzione”.
Nel caso poi degli adolescenti, “un abuso, nell’era dei social network, rischia di divenire ‘virale’. È importante quindi un intervento precoce, agendo sia sulla vittima sia sul bullo perché sono entrambi espressioni, uguali ma opposte, di un profondo disagio affettivo e relazionale”. Il rischio è anche quello di sviluppare da adulti crisi di ansia, autostima, depressione o comportamenti antisociali. Ma ci sono alcuni campanelli di allarme che possono allertare i genitori, come alterazioni dell’umore, nervosismo, irascibilità, ma anche depressione, apatia e ricerca della solitudine; uso prolungato o abuso di dispositivi elettronici con difficoltà al distacco, fino a disturbi somatici, come perdita di peso (o incremento eccessivo), mal di testa, alterazione del sonno, disturbo di concentrazione scolastica.
“I genitori rappresentano un modello importantissimo da cui i figli prendono l’esempio sin dai primi anni dell’infanzia; di solito i comportamenti vissuti in famiglia vengono riproposti nella relazione con i coetanei”, sottolinea Ferrara. Genitori permissivi, che “difendono i figli in ogni occasione e spesso senza una valida ragione, possono favorire atteggiamenti aggressivi e arroganti nei confronti dei loro compagni più deboli. Tuttavia, se i genitori sono presenti e attenti, se hanno un dialogo costante con i propri figli, se educano al rispetto e all’accoglienza dell’altro e del diverso, se li aiutano a perseguire degli obiettivi, spesso riescono a tenerli lontani dai contesti che favoriscono questi atteggiamenti aggressivi”.