SCOSSI DAL TERRIBILE DOLORE DEI SUOI GENITORI, I MEDICI LONDINESI HANNO DECISO DI RIMANDARE DI QUALCHE GIORNO IL BLOCCO DEI MACCHINARI CHE TENGONO IN VITA IL PICCOLO CHARLIE

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    La situazione è quella che è, ma dover vedere quei due poveri genitori macerare nel dolore, è stato atroce quanto la procedura che stamane avrebbe dovuto portare al distacco della spina dei macchinari che tengono in vita il piccolo Charlie Gard, il bimbo di 10 mesi, affetto da una rarissima malattia degenerativa. Così, i medici Great Ormond Street Hospital di Londra, hanno deciso di concedere ancora quando giorno di – relativa – convivenza alla sfortunata famigliola britannica. Dunque, se così si può dire, almeno per ora ha vinto il cuore. Come ha infatti spiegato un portavoce della struttura ospedaliera, “insieme ai genitori di Charlie, stiamo mettendo in atto gli interventi per assicurare la sua assistenza, e per dare loro più tempo insieme come famiglia”. Ripetutamente infatti, Chris Gard e Connie Yates, si erano più volte appellati ai medici, scongiurandoli di dar loro la possibilità di potersi ‘godere’ ancora il figlioletto prima del terribile addio. Arresisi alla speranza (dopo essersi visti respingere la richiesta dalla Corte di Strasburgo),  di poterlo portare negli States per una cura sperimentale, i coniugi avevano supplicato i medici – senza ottenerne il consenso – di poter portare qualche giorno a casa il bimbo per poterlo vivere in un quotidiano che non c’è mai stato.  “Chiediamo di concedere alla famiglia e al nostro staff un po’ di spazio e di privacy in questo difficile momento”, ha aggiunto ancora il portavoce. Un caro amico dei Gard avrebbe  confidato al ’Daily Mail’ che, molto probabilmente – come desideravano i due genitori –  il bimbo resterà attaccato alle macchine che lo tengono in vita nel weekend.  Purtroppo il piccolo Charlie è uno dei 16 pazienti al mondo, colpiti dalla sindrome da deplezione del Dna mitocondriale: una patologia ultra-rara che causa un progressivo e inesorabile indebolimento muscolare e nervoso.

    M.