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    Tra celebrità e diritto alla privacy, è giusto chiedersi perché Kate sta male?

    (Adnkronos) – Una vita in bilico tra celebrità e bisogno di privacy. La principessa Kate, operata all’addome, resterà in ospedale per un tempo che potrà arrivare fino a 2 settimane e lascia gli impegni pubblici fino a dopo Pasqua, chiedendo che le sue informazioni mediche personali rimangano private. E’ giusto allora continuare a domandarsi cos’ha? Ad analizzare per l’Adnkronos Salute “il conflitto drammatico fra due principi generali che si scontrano in maniera non componibile” è Massimo Di Giannantonio, past president della Società italiana di psichiatria (Sip).  

    “Il primo principio – osserva – è quello del diritto/dovere dell’opinione pubblica di essere informata, soprattutto, quando si tratta di personaggi pubblici che hanno valenze politiche e di governo, perché la valenza politica e di governo rappresenta un’interesse collettivo che riguarda il futuro della popolazione. La casa regnante inglese è un’istituzione monarchica, ma è certamente politica. Quindi c’è il dovere di informazione dell’opinione pubblica. Il secondo principio con il quale si entra in conflitto è quello del diritto alla privacy e riservatezza circa le condizioni generali di salute di ogni individuo, poco importa se questo sia un politico, un monarca o un ‘commoner'”, un cittadino comune. “Nel caso della principessa del Galles, questi due principi entrano in uno scontro frontale che è un po’ il grande problema della democrazia, cioè il tentativo di mediare tra gli interessi del singolo e gli interessi della collettività”.  

    “E’ chiaro – prosegue Di Giannantonio – che l’opinione pubblica inglese ha il diritto/dovere di essere informata sulla propria casa regnante che ha valenza politica, ed è chiaro che il diritto di Kate Middleton è quello di richiedere per le proprie condizioni di salute una assoluta riservatezza che non leda i suoi principi generali di essere umano e di persona inserita in un contesto sociale collettivo. Voglio anche evidenziare – aggiunge – che questa richiesta di riservatezza e questa assoluta mancanza di informazioni reali” sulle condizioni della principessa 42enne, “in una società contemporanea dominata dai social e dominata da un ‘overload’ informativo, è qualche cosa che sottolinea la gravità della questione. E tanto più è seria la situazione ipotetica, tanto più si tenta di costruire un muro di silenzio e di mistero intorno alla effettiva portata della malattia. Come a dire che la richiesta di riservatezza è una richiesta che serve a blindare un segreto che evidentemente preoccupa”.  

    Che bisogno dimostra questa scelta del silenzio? “E’ una scelta che pone una serie di interrogativi – ragiona Di Giannantonio – perché se si trattasse di una vicenda che si esaurisce nell’ambito di una famiglia privata questo avrebbe ‘bagliori’ e ripercussioni esclusivamente all’interno dell’ambito familiare ristretto. Siccome è una questione che riguarda la monarchia, dunque anche la gestione del potere e del popolo inglese, è una questione che riguarda – mutatis mutandis – ogni cittadino britannico, che si interroga su quali sono le conseguenze di questa ipotetica malattia sul futuro della monarchia e quindi sul futuro dell’assetto politico statale”. 

    I media devono farsi i fatti loro? “Evidentemente no – risponde lo psichiatra – La serietà della situazione sembra emergere da diversi elementi. Ed escludere la malattia oncologica non esclude la gravità della condizione. Soprattutto quello che non viene colto appieno è che, dopo un intervento addominale che sembra fatto in assoluta urgenza, 15 giorni di degenza post operatoria stanno a indicare la degenza di un’operazione importante. Quindi gli indizi sono tutti negativi. E i media devono seguire la vicenda perché l’interesse collettivo, e l’importanza che l’opinione pubblica sia informata rispetto a questioni che in modo diretto o indiretto la riguardano, prevale sull’interesse del singolo”.  

    C’è stata un’opposta modalità di trattare le questioni mediche all’interno della famiglia reale britannica. Da una parte re Carlo che ha comunicato la sua diagnosi (ipertrofia prostatica benigna), ha annunciato un intervento imminente e attribuito anche una valenza sociale a questa comunicazione, legandola alla volontà di sensibilizzare i sudditi sull’importanza di controlli e prevenzione. Dall’altro lato Kate Middleton fa la scelta esattamente opposta, trincerarsi dietro il massimo riserbo. 

    Per Di Giannantonio “la cosa è molto semplice: Carlo parla della sua malattia perché è qualcosa che ha una diagnosi, una prognosi ed una terapia specifica evidentemente non preoccupante. Per quanto riguarda Kate, il mistero sulla diagnosi sta a significare un tema di gravità, di prognosi e, non ultimo, andiamo a considerare il diritto dei figli minori di non essere travolti da una serie di illazioni sul destino della propria madre”. Lo psichiatra conclude però la sua riflessione con una domanda: “In un mondo dominato dai social e immerso in un oceano di informazioni – ripete – è più possibile (e ha più senso) parlare di privacy per soggetti che hanno una figura internazionale e socialmente assai rilevante?”.