TEAM DI RICERCATORI ITALIANI SCOPRE CHE ATTRAVERSO LO STUDIO DI UNA PROTEINA È POSSIBILE PREVEDERE L’AGGRESSIVITÀ DELLA SLA. GLI USA GIÀ AL LAVORO PER SVILUPPARE IL FARMACO

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    E’ dell’equipe del Centro clinico Nemo, struttura ad alta specializzazione, la scoperta di un ‘segnale’ fondamentale in seno alla lotta alla Sla: una molecola (già conosciuta da tempo e quindi agevolmente gestibile) la proteina C-reattiva, che può fungere da ‘spia’ per i pazienti affetti da Sclerosi laterale amiotrofica, indicando per tempo l’aggressività della malattia. Dai livelli della proteina è infatti possibile misurare la velocità della progressione della Sla e, conseguentemente, il tempo di sopravvivenza del paziente. La proteina C-reattiva è una proteina prodotta dal fegato e dalle cellule adipose. Ora con questa scoperta la proteina C-reattiva potrà diventare strumento per predire precocemente la prognosi della malattia, tanto è che negli Stati Uniti sono già al lavoro per realizzare un nuovo farmaco incentrato su questa scoperta: un modulatore dell’attività infiammatoria nei pazienti con alti livelli di proteina C-reattiva. Adriano Chiò, responsabile del Centro regionale esperto per la Sla dell’azienda ospedaliera universitaria Città della Salute e della Scienza di Torino, “La ricerca sulla Sla in questi anni si sta orientando all’individuazione di meccanismi regolatori del processo degenerativo della malattia. La neuroinfiammazione sta emergendo come uno dei meccanismi di maggiore interesse perché suscettibile in futuro di interventi terapeutici mirati, adattati alle caratteristiche del singolo paziente. La nostra ricerca va appunto in questa direzione”. La ricerca svolta dal Centro clinico Nemo in collaborazione con il Centro Cresla dell’ospedale Molinette della Città della Salute di Torino, si è guadagnata le pagine di ’Jama Neurology’, e mostra dunque un nuovo utilizzo della misurazione nel sangue della proteina C-reattiva, che potrà predire l’aggressività di una delle patologie neuromuscolari più gravi e note, con la quale oggi in Italia convivono oltre 6 mila persone, e diventare in futuro strumento per selezionare pazienti potenzialmente rispondenti a specifiche molecole mirate appunto alla modulazione della cosiddetta neuroinfiammazione, cioè la componente infiammatoria che si scatena nel sistema nervoso quando è colpito da malattie neurodegenerative come la Sla. I ricercatori del Centro Nemo, guidati da Christian Lunetta, hanno individuato la relazione tra alte concentrazioni di proteina C-reattiva, il conseguente forte processo infiammatorio in corso nell’organismo e l’aggressività della Sla, analizzando i dati raccolti nella sperimentazione di un nuovo farmaco, NP001, che ha tra le sue caratteristiche anche una funzione di modulatore dell’attività di cellule implicate nei processi infiammatori. Come ben spiega l’Adnkronos Salute: ‘Gli esperti hanno osservato che il farmaco era efficace solo su una parte dei pazienti arruolati e hanno indagato su che cosa li caratterizzasse. Risultato: tutti i pazienti che rispondevano alla terapia presentavano un alto livello di proteina C-reattiva nel sangue. A supporto di questa ipotesi, gli scienziati hanno analizzato i dati della storia clinica di gruppi differenti di pazienti in fase iniziale e privi di evidenze di processi infiammatori in altri distretti, provenienti da Lombardia e Piemonte, e hanno osservato che ad alti livelli di proteina C-reattiva corrisponde un quadro clinico più grave secondo la Als Functional Rating Scale Revised, scala di misurazione usata a livello internazionale. E’ stato inoltre rilevato che la sopravvivenza alla malattia in questi pazienti era più breve’. Come spiega Christian Lunetta: “Capire il ruolo dell’infiammazione nella progressione della malattia sarà fondamentale per i ricercatori che stanno lavorando a possibili terapie per il trattamento della Sla perché proprio la modulazione dei processi neuro infiammatori della Sla potrà divenire una strategia terapeutica interessante da sviluppare in questa terribile malattia – aggiunge ancora il ricercatore -E’ importante però ricordare che si tratta ancora di una ricerca e non di una terapia disponibile nell’attività clinica quotidiana, passo per il quale potrebbero essere necessari alcuni anni”. Il presidente del Centro clinico Nemo, Alberto Fontana, osserva che “è oggi noto soprattutto come centro che eccelle per la presa in carico dei pazienti e una ricerca della Sda dell’università Bocconi ha recentemente mostrato quanto sia efficace il suo approccio omniservice, in cui il paziente è messo al centro e gli specialisti necessari ruotano intorno a lui. Ma il nostro obiettivo per i prossimi anni – precisa – sarà sviluppare la ricerca per dare una risposta terapeutica alle malattie neuromuscolari, a oggi purtroppo ancora incurabili. Per questo motivo questo risultato ci riempie di orgoglio e a Milano, a Roma e Messina stiamo aprendo nuovi spazi clinici e di ricerca”. Lo studio in corso negli Stati Uniti per verificare l’efficacia di un modulatore dell’attività dei macrofagi, cellule chiave nei processi neuroinfiammatori, nei pazienti con alti livelli di proteina C-reattiva impiega proprio il farmaco NP001. I risultati saranno disponibili nei prossimi mesi.