(Adnkronos) – Da mesi l’America marcia controvoglia verso una replica del duello Joe Biden-Donald Trump, con un dibattito elettorale incentrato sull’età troppo avanzata di uno dei candidati, sui troppi processi a carico dell’altro alla guida di un’ala del partito repubblicano sempre più estremista e che ha dimostrato, con lo psicodramma alla Camera per il nuovo Speaker, di poter imporre la sua agenda a Capitol Hill.
Ma lo scoppio violento e drammatico del nuovo conflitto mediorientale, con il terribile massacro di 1400 israeliani e il rapimento di oltre 200 negli attacchi di Hamas del 7 ottobre, ha inserito con forza l’elemento della politica estera – in maniera forse più netta del conflitto ucraino e la ‘fatigue’ con cui viene vissuto negli Usa – nella dinamica del dibattito elettorale. In un modo che potrebbe creare inaspettati problemi a Biden in vista delle elezioni che si terranno tra un anno, il 5 novembre prossimo. E che si prospettano come un testa a testa, in cui ogni sostegno perso all’interno della propria base potrà essere decisivo.
Anche all’interno del partito democratico gli equilibri infatti sono cambiati e la tradizionale politica del sostegno incondizionato di Washington al fianco di Israele ferita dal suo 11 settembre – simbolizzata dall’abbraccio sulla pista dell’aeroporto Ben Gurion tra Biden e Benjamin Netanyahu, due leader che non si sono mai amati – sta provocando un crescente coro di voci critiche all’interno della sinistra dem, che chiede al proprio governo di sostenere il cessate il fuoco a Gaza, dove secondo le fonti del ministero di Hamas sono oltre 10mila le persone uccise.
“Mr President, l’America non è con lei su questo e ce ne ricorderemo nel 2024”. E’ questo il chiaro messaggio inviato da Rashida Tlaib, che fa parte del gruppo di una ventina di deputati dem che hanno presentato una risoluzione per la richiesta del cessate il fuoco. “Joe Biden ha sostenuto il genocidio del popolo palestinese, il popolo americano non dimentica, Biden sostenga il cessate il fuoco ora o non conti su di noi nel 2024”, ha concluso nel suo messaggio, postato su X, la deputata di origine palestinese.
I sondaggi confermano le minacce della deputata, con una flessione del sostegno della comunità arabo americana – che nel 2020 votò in massa per Biden – in stati chiave come il Michigan, in cui vivono circa 240mila musulmani e dove Biden vinse per appena 150mila voti. Lo stesso dicasi per il vicino Minnesota, dove Biden la scorsa settimana è stato contestato dai leader della comunità islamica locale che l’hanno accolto con lo slogan “abbandoneremo Biden come lui ha abbandonato noi”, spiegando che al momento del voto “non dimenticheremo” la sua posizione sul conflitto a Gaza.
La posizione di Biden, che non appoggia le richieste di cessate il fuoco ma continua le pressioni, riservate, su Tel Aviv per minimizzare il numero delle vittime civili, rischia di creare problemi al presidente americano anche con un altro gruppo elettorale per lui cruciale, i giovani il cui sostegno secondo alcune analisi è stato il fattore decisivo per la sua vittoria nel 2020.
“Biden ha l’opportunità di ascoltare la maggioranza della popolazione di questo Paese che gli sta chiedendo di invocare il cessate il fuoco e di mettere fine al sostegno incondizionato ad Israele. E noi vediamo l’immenso rischio che i giovani si sentano alienati in vista delle elezioni del 2024, decidendo di rimanere a casa” e non andare a votare per un candidato che già non li entusiasmava per la sua età avanzata, spiega a Rolling Stones, Michele Weindling, a capo del movimento ambientalista Sunrise Movement.
Nelle università e nei campus americani si sta infatti registrando una mobilitazione senza precedenti non solo tra gli studenti ma anche tra gli accademici, a sostegno della causa palestinese. Una mobilitazione che è stata messa anche sotto accusa da molti commentatori, e dalla stessa Casa Bianca, per alcune dichiarazioni, ed episodi, considerati antisemiti. Ma il dato di fatto, spiega ancora a Rolling Stones, Cristina Tzintzun Ramirez, presidente di NextGen America, è che “i sondaggi mostrano, e noi vediamo sul campo, che questa è una questione che appassiona i giovani, e la stragrande maggioranza degli elettori giovani sostiene il cessate il fuoco”.
E in questi giorni ha fatto scalpore la notizia che Ella Emhoff, 24enne figlia del marito della vice presidente Kamala Harris, Doug Emhoff, un avvocato ebreo che svolge un’attività informale di raccordo tra la Casa Bianca e la comunità ebraica, sul suo account Instagram ha pubblicizzato una raccolta di fondi “per le urgenti necessità dei bambini di Gaza”.
A Biden e alla sua amministrazione stanno arrivando segnali anche dall’establishment democratico, da senatori grandi alleati del presidente di fronte alla controffensiva israeliana contro Hamas che appare di ora in ora sempre più severa, con un numero troppo elevato di vittime civili – nonostante i continui appelli riservati di Washington ad un uso proporzionato della forza – e senza un chiaro “endgame”, sottolinea oggi il Washington Post.
Il senatore Chris Murphy, influente membro della commissione Esteri, ha definito “inaccettabile” il numero delle vittime civili palestinesi e, riconoscendo che l’amministrazione Biden “sta facendo forti pressioni in modo privato” per evitare di mostrare una “spaccatura” tra i due alleati, avanza l’idea che non sia arrivato il momento di “esprimere pubblicamente le preoccupazioni sulle vittime civili, pur continuando a sostenere la capacità di Israele di continuare la guerra”. Con Murphy altri 13 senatori dem hanno diffuso un comunicato in cui se non proprio il cessate il fuoco si chiede “una cessazione a breve termine delle ostilità” a Gaza, che suona come qualcosa di più delle pause umanitarie chieste dalla Casa Bianca e comunque finora bocciate da Israele.
Infine, c’è da chiedersi che reazione ha suscitato alla Casa Bianca l’intervista con cui Barack Obama ha detto che nell’attuale conflitto “nessuno è innocente”, ribadendo che gli attacchi di Hamas sono stati “terrificanti” ma che l’occupazione israeliana dei territori palestinesi e “quello che sta succedendo ai palestinesi” sono anche “intollerabili”. “Se si vuole risolvere il problema, bisogna assumere l’intera verità, ed ammettere che le mani di nessuno sono pulite, che tutti noi siamo in qualche modo complici”, ha concluso l’ex presidente, parlando della responsabilità sua e di altri leader globali riguardo all’infinito conflitto mediorientale.